domenica 1 dicembre 2024

Creare bellezza per comunicare amore, di mons. Giuseppe Liberto


CREARE BELLEZZA PER COMUNICARE AMORE
di mons. Giuseppe Liberto



Faccio mia la celebre frase di Pascal: le coeur a ses raison que la raison ne connait point (il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce). Offrire i propri scritti è un modo per fare un dono a chi possiede la capacità di accoglierli con intelligenza ed entusiasmo. La gratitudine per il dono ricevuto si esprimerà permettendogli di diventare fecondi. In effetti, ogni “scritto” l’ho sempre considerato come “incontro” che si sviluppa in un dialogo cor ad cor tra scrittore e lettore.

Spesse volte, a ben rifletterci, la nostra condizione di uomini potrebbe farci paura perché ci accorgiamo di essere circondati da abissi. Dal soffio dell’Eterno Infinito che avvolge il creato. Dall’immensità degli spazi che s’immergono prodigiosamente nel nostro piccolo mondo e nella nostra povera esistenza. Dal silenzioso movimento del tempo che, misterioso e prezioso tiranno, protagonista degli avvenimenti passati, presenti e futuri, compone il fascino, talvolta drammatico, della nostra vita fino a farla diventare, nonostante la sua apparente brevità, una storia senza fine. Da noi uomini, protagonisti di questa “storia senza fine”, che, saturi di caducità, sofferenze, ansie, fatalità, miserie e impotenze, dimentichi talvolta delle realtà essenziali che ci nobilitano e ci elevano, insensibili all’invito dell’Ineffabile ci si tuffa in puerili e momentanee occupazioni, misconoscendo le grandi e fondamentali finalità della vita.

Eppure l’uomo da sempre naviga nel mondo affascinante dell’arte, quasi sacramento divino, che si rivela nell’ascolto, nella visione e nel gusto di quella sublime bellezza che seduce e incanta, nobilita ed eleva, attira e trasfigura. L’arte del bello, però, non è mai frutto del caso ma efficace sintesi di ricerca e laboriosa opera di perfezione. Se l’esecuzione di una partitura sonora è il risultato dell’accanito esercizio della tecnica manuale, l’elaborazione spaziale si ottiene attraverso l’estenuante verifica di pratiche parziali sulle proporzioni, sulle tecniche, sui dettagli dei materiali ricondotti alla loro unitarietà finale.

La storia ci istruisce che fare arte vera è sempre fatica per ricreare frutti di bellezza. Come in natura, così in arte: dopo la semina d’autunno e il silenzio creativo dell’inverno, arriva l’esplosione delle gemme di primavera che attende il prezioso raccolto dei frutti al sole dell’estate. La natura è già essa stessa arte proseguente l’opera sua nello spirito umano. Da ciò deriva l’amore dell’artista per la natura; ispirandosi a essa egli vi si riconosce, e al contatto con essa, il costruttore d’arte assume coscienza del proprio genio. Sappiamo bene che l’arte, come la natura, è creatura viva, non ha nulla a che vedere con il simbolismo pedante, oscuro e pretensioso. Ispirarsi è arte, ma imitare e scimmiottare, riciclare o scopiazzare sono segni di aridità e di miseria. L’arte è creatività originale e personale.

Mi domando: ma il pensiero ha nulla a che fare con l’arte? I cosiddetti “esteti” dicono che l’artista non deve preoccuparsi dell’idea, poiché la forma è già tutto. Separare, però, la forma dall’idea, significa sopprimere l’arte che consiste nella loro compenetrazione. La forma si elabora nello spirito e nel pensiero, non nella costrizione della stessa forma. L’arte è idea vivente. L’idea, divenendo centro della vita interiore, crea il corpo d’immagini di cui si riveste. L’idea non è nulla senza la forma, perché è l’idea che crea la sua forma adeguata. Quanto più la forma rende visibile l’idea, tanto più è arte che crea bellezza. L’idea estetica non è compiuta se non è espressa nell’armonia della forma, altrimenti sarebbe un desiderio di vita che non nasce alla vita. In effetti, spirito e corpo in simbiosi sono la vita dell’uomo. Non basta, allora, avere l’idea se non si ha la capacità tecnica di esprimerla artisticamente attraverso la forma. Non basta, infatti, essere bravi nella forma se non si possiede l’idea. Chi pretende di fare uscire la bellezza da una formula stereotipa e consueta, s’inganna perché crea un lavoro senza vita.

L’opera d’arte si compone nello spirito attraverso la forma. Il pensiero del pittore o dello scultore è la visione della loro tela dipinta o della statua plasmata; così come il pensiero del musicista si esprime attraverso l’ascolto della sua opera musicale. Il modo, poi, di manifestare il pensiero attraverso la forma, si chiama “stile” che vuol dire individualità, cioè, modo proprio di pensare, di sentire, di rivelare l’idea. Possiede lo stile chi ha cose proprie da dire ed è capace di manifestarle in modo eminentemente personale. Si suole dire che lo stile è l’uomo, infatti, è il sigillo dell’artista. Bisogna puntualizzare che per stile dell’artista, non si può intendere solo il modo di esprimersi attraverso la sola forma, ma il modo di manifestare il pensiero e il sentimento attraverso la bontà della bellezza. Non basta, quindi, saper comporre perfettamente attraverso la forma; se manca la scintilla del pensiero, la grazia dell’originalità, la raffinatezza del gusto, non esiste arte viva. Se non esistesse l’eufonica polifonia degli stili, il mondo apparirebbe piatto, monotono e uniforme. Sta tutto qui il fascino dell’arte: l’apparire e il sentire del pensiero in tutta la sua luminosa e originale bellezza interiore ed esteriore.

Nel comunicare arte musicale, le vibrazioni sonore devono mettere in moto le energie dell’anima che ridestano e riabilitano il coinvolgimento interiore di tutto l’essere. In effetti, attraverso l’arte è necessario prendere non soltanto la forma esteriore ma anche la forza interiore. Il musicale non è solo trasferimento d’informazioni ma è comunicazione affettiva capace di suscitare dei legami concordanti attraverso il tono della voce, l’incontro degli sguardi, il gesto espressivo, il modulare dei comportamenti. Tutto deve comunicare quanto sta per avvenire!

Pitagora affermava che il logos creò l’universo attraverso il melos. Il filosofo aveva intuito che Dio, cantando, creava ogni cosa dal nulla. Il libro della Genesi, infatti, descrive il Creatore che canta mentre plasma il cosmo con le sue mani. Dopo che dalle sue dita usciva ogni creatura, cantava con meraviglia che era cosa bella e buona (cf 1, 1-31). Il canto di Dio, così, creava il cosmo bello e buono. Ogni opera artistica deve possedere queste due qualità divine in armonia tra di loro: bellezza e bontà. Bellezza da imparare e bontà da gustare sono gesti d’intelligenza e di sapienza per rigenerare e ridonare opere belle e buone. La creazione in bellezza è, dunque, il modo sublime con cui Dio dialoga con l’uomo. La bellezza in armonia diventa così concordanza tra divino e umano. La divinità incarnata e l’umanità divinizzata sono culmine in cui il Logos-Sapientia crea e ricrea in via pulchritudinis il Melos del duetto teandrico d’amore sponsale.

Con-cordanza è armonia di mente e di cuore. Syn-opsis è abbraccio con un unico sguardo della sinfonia dei cuori. Concordia è arte sinfonica che ascende dal cuore alla ragione e dalla ragione alle sfere dell’eterna, infinita bellezza, per ridiscendere amore trasfigurato e trasfigurante che armonizza divinità increata e umanità creata nella sinfonica Pentecoste dell’amore universale.

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