venerdì 15 novembre 2024

Liturgia, opera della Trinità , di N. Bux - U.M. Lang - P. Gunter

 

Liturgia, opera della Trinità


"Nella sacra liturgia, Cristo, nella potenza dello Spirito Santo, significa e realizza il Mistero pasquale della sua Passione, Morte di Croce e Risurrezione"


di N. Bux - U.M. Lang - P. Gunter

 



Il Padre

"Nella liturgia il Padre è riconosciuto e adorato come la sorgente e il termine di tutte le benedizioni della creazione e della salvezza"

di mons. Nicola Bux

Senza la mediazione del Figlio non avremmo conosciuto il Padre e non avremmo ricevuto lo Spirito che ci permette di riconoscere il Figlio come Signore e di adorare in lui il Padre. Il Padre ha compiuto tale scelta di renderci capaci di tutto ciò, ossia di adottarci come figli, prima della creazione del mondo (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC], 1077). La capacità di operare come singoli e come membri di un popolo scelto e consacrato si chiama “liturgia”: a ragione definita opera del mistero delle tre Persone. L’azione trinitaria, cioè, è il prototipo dell’azione sacra o liturgica.

Ma, visto l’attivismo ecclesiastico e liturgico che ha portato ad adottare termini come “attore” e “operatore” persino nella sacra liturgia, dobbiamo definire, a scanso di equivoci, la natura di questa azione. L’azione sacra della liturgia è essenzialmente una “benedizione”, termine a tutti noto, ma non nel suo vero significato. Lo fa l’articolo seguente del Catechismo che conviene riportare per intero: «Benedire è un’azione divina che dà la vita e di cui il Padre è la sorgente. La sua benedizione è insieme parola e dono (“bene-dictio” – “eu-logía”). Riferito all’uomo, questo termine significherà l’adorazione e la consegna di sé al proprio Creatore nell’azione di grazie» (CCC, 1078).

Dunque, la liturgia è benedizione divina, parola e dono, e adorazione umana, ossia azione di grazie (eucaristia) e offerta. Non c’è tutta la santa Messa in questa definizione? Nessuno può omettere di definire così la sacra liturgia, ossia sacramento. L’adorazione non è altro che la stessa liturgia. Ogni tentativo di scindere le due cose va contro la fede e la verità cattolica.

Non si sostiene oggi che l’uomo adora Dio con tutto il suo essere? Vuol dire con l’anima e col corpo. Perciò nella Bibbia tutta «l’opera di Dio è benedizione» (cf. CCC, 1079-1081): è la dimensione cosmica che innerva la Sacra Scrittura dalla Genesi all’Apocalisse e parimenti la liturgia. Se benedire vuol dire adorare, la benedizione o adorazione nella Scrittura è documentata dalla prostrazione e dal piegare fisicamente le ginocchia e metafisicamente il cuore. Solo il diavolo non si inginocchia, perché – dicono i Padri del deserto – non ha le ginocchia. Così san Paolo vede dinanzi a Gesù la consonanza tra storia sacra e il cosmo: ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sottoterra.

Conseguenza concreta: il gesto dell’inginocchiarsi deve tornare ad essere primario nel rito della Messa, nell’andamento, ispirazione e sapore del canto sacro, nella suppellettile sacra: una chiesa senza inginocchiatoi non è una chiesa cattolica. Perché prostrarsi? Perché la benedizione divina si manifesta in specie con «la presenza di Dio nel tempio» (CCC, 1081): dinanzi alla Sua presenza, il primo e fondamentale gesto è l’adorazione. Non si dica che il tempio è stato abolito, in quanto Gesù lo ha purificato sostituendolo col suo corpo in cui abita corporalmente la sua divinità: così la presenza divina è ora quella del Corpo di Cristo e massimamente coincide col SS. Sacramento. Si badi che fin qui abbiamo parlato di cose rivelate dal Signore stesso nella Sacra Scrittura. In Introduzione allo spirito della liturgia, Joseph Ratzinger ha mostrato quanto abbia nociuto nella riforma liturgica aver reciso il legame tra tempio giudaico e chiesa cristiana: lo vediamo oggi nelle nuove chiese, proprio mentre a livello ecumenico si dialoga con gli ebrei. Se il corpo di Cristo è costituito dall’edificio spirituale dei suoi membri (cf. 1Pt 2,5), si deve sapere che dove la Chiesa si raduna per i Misteri nasce uno “spazio santo”.

Ora, si può comprendere quanto afferma con chiarezza il Catechismo: «Nella liturgia della Chiesa, la benedizione divina è pienamente rivelata e comunicata: il Padre è riconosciuto e adorato come la sorgente e il termine di tutte le benedizioni della creazione e della salvezza; nel suo Verbo incarnato, morto e risorto per noi, egli ci colma delle sue benedizioni, e per suo mezzo effonde nei nostri cuori il dono che racchiude tutti i doni: lo Spirito Santo» (CCC, 1082).

Così ne esce ulteriormente definita la duplice dimensione della liturgia della Chiesa: per un verso è benedizione del Padre con l’adorazione, la lode e l’azione di grazie; per l’altro, offerta al Padre di sé e dei propri doni e implorazione dello Spirito affinché ridondi sul mondo intero. Tutto però passa per la mediazione sacerdotale ovvero dall’offerta e «per la comunione alla morte e alla risurrezione di Cristo Sacerdote e per la potenza dello Spirito» (CCC, 1083).

Se la risurrezione di Cristo non fosse storicamente accaduta e non avesse originalmente “riempito” la storia imprimendole la direzione finale, i sacramenti non avrebbero nessuna efficacia e verrebbe meno il fine per cui sono amministrati: la nostra risurrezione alla fine della vita e della storia dell’umanità. Ad un’impostazione esegetica demitizzante segue normalmente una teologia ridotta a simbolismo; ma il pensiero cattolico, con l’Apostolo, parla della «potenza della sua risurrezione»: alle apparizioni del Risorto, non solo seguì il kerigma e la fede dei discepoli, ma lo sprigionarsi della potenza della risurrezione nei sacramenti. Così, la verità della risurrezione corporale di Cristo è decisiva per l’efficacia dei sacramenti, la loro incidenza reale sulla trasformazione dell’essere umano.

Il mistero pasquale, proprio perché ha visto passare il Figlio dalla morte alla vita, così vede passare i figli di Dio. Perciò è chiamato pasquale, per questo passaggio avvenuto grazie al sacrificio del Figlio di Dio. Ecco perché il Sacrificio eucaristico è il centro di gravità di tutti i sacramenti (cf. CCC, 1113), come la Pasqua lo è dell’anno liturgico.

Il piano divino di salvezza è uno: riportare gli uomini e le cose, quelle del cielo e quelle della terra sotto la signoria di Cristo. L’opera prima delle tre Persone mira a ricondurre l’essere umano alla sua originaria natura perché sia restaurata in lui quell’immagine che è stata sfigurata dal peccato.

 

fonte: Zenit.org, 08/02/2012
http://www.zenit.org/article-29499?l=italian

 

 

Il Figlio

"Nella sacra liturgia, Cristo, nella potenza dello Spirito Santo, significa e realizza il Mistero pasquale della sua Passione, Morte di Croce e Risurrezione"

 

di p. Uwe Michel Lang

Nella seconda parte della sezione sulla liturgia come opera della SS.ma Trinità, dedicata a Dio Figlio, il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta gli elementi essenziali della dottrina sacramentale. Cristo, risorto e glorificato, effondendo lo Spirito Santo nel suo Corpo che è la Chiesa, agisce ora nei sacramenti e attraverso di essi comunica la sua grazia. Il Catechismo ricorda la definizione classica dei sacramenti, che sono: 1) «segni sensibili (parole e azioni)»; 2) istituiti da Cristo; 3) che «realizzano in modo efficace la grazia che significano» (n. 1084).

Nella celebrazione dei sacramenti, cioè nella sacra liturgia, Cristo, nella potenza dello Spirito Santo, significa e realizza il Mistero pasquale della sua Passione, Morte di Croce e Risurrezione. Tale Mistero non consiste semplicemente in una serie di accadimenti del remoto passato (anche se non si può prescindere dalla storicità di quegli avvenimenti!), ma entra nella dimensione dell’eternità, perché l’«attore» – ossia Colui che ha agito e patito in quegli eventi – è stato il Verbo incarnato. Per questo, il Mistero pasquale di Cristo «abbraccia tutti i tempi e in essi è reso presente» (n. 1085) per mezzo dei sacramenti che egli stesso ha affidato alla sua Chiesa, soprattutto il Sacrificio eucaristico.

Questo dono singolare è stato dato prima agli Apostoli, quando il Risorto, nella forza dello Spirito Santo, ha conferito loro il proprio potere di santificazione. Gli Apostoli hanno a loro volta conferito tale potere ai loro successori, i Vescovi, e in questo modo i beni della salvezza vengono trasmessi e attualizzati nella vita sacramentale del popolo di Dio fino alla parusia, quando il Signore viene nella gloria per compiere il Regno di Dio. Così la successione apostolica assicura che nella celebrazione dei sacramenti, i fedeli siano immersi nella comunione con Cristo, che li benedice con il dono del suo amore salvifico, soprattutto nell’Eucaristia dove offre se stesso sotto le apparenze del pane e del vino.

La partecipazione sacramentale alla vita di Cristo ha una forma specifica, data nel «rito», che l’allora cardinale Ratzinger nel 2004 spiegò come «la forma di celebrazione e di preghiera che matura nella fede e nella vita della Chiesa». Il rito – ovvero la famiglia dei riti che provengono dalle Chiese di origine apostolica – «è forma condensata della Tradizione vivente […] rendendo così sperimentabile, allo stesso tempo, la comunione tra le generazioni, la comunione con coloro che pregano prima di noi e dopo di noi. Così il rito è come un dono fatto alla Chiesa, una forma vivente di parádosis [tradizione]» (30giorni, nr. 12 – 2004).

Riferendosi all’insegnamento della Costituzione conciliare sulla sacra liturgia, il Catechismo ricorda i vari modi della presenza di Cristo nelle azioni liturgiche. In primo luogo, il Signore è presente nel Sacrificio eucaristico nella persona del ministro ordinato, perché «offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti» [Concilio di Trento], e soprattutto sotto le specie eucaristiche. Inoltre, Cristo è presente con la sua virtù nei sacramenti, nella sua parola quando viene proclamata la Sacra Scrittura e infine quando i membri della Chiesa, Sposa amatissima di Cristo, sono congregati nel suo nome per la preghiera e la lode (cf. n. 1088; Sacrosanctum Concilium, n. 7). Così, nella liturgia terrestre, si realizza la doppia finalità di tutto il culto divino, cioè la glorificazione di Dio e la santificazione dell’uomo (cf. n. 1089).

Infatti, la celebrazione terrestre, sia nello splendore di una delle grandi cattedrali che nei luoghi più semplici però dignitosi, partecipa della liturgia celeste della nuova Gerusalemme e fa pregustare la futura gloria alla presenza del Dio vivente. Questo dinamismo conferisce alla liturgia la sua grandezza, evita alla singola comunità di richiudersi in se stessa e la apre all’assemblea dei santi della città celeste, come evocato nella lettera agli Ebrei: «Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele» (Eb 12, 22-24).

Sembra opportuno, dunque, concludere queste brevi riflessioni con le felici parole del beato cardinale Ildefonso Schuster, che ha descritto la liturgia come «un poema sacro, al quale veramente hanno posto mano e cielo e terra».


fonte: Zenit.org, 22/02/2012
http://www.zenit.org/article-29655?l=italian

 

 

Lo Spirito Santo

 

"L’opera dello Spirito Santo nella liturgia, santificandoci, ci sigilla nella relazione d’amore della Trinità che è il cuore della Chiesa"

 

di Paul Gunter, O.S.B. 

La liturgia, o opera pubblica eseguita in nome del popolo, è la nostra partecipazione alla preghiera di Cristo verso il Padre nello Spirito Santo. La sua celebrazione ci immerge nella vita divina di Dio, come espresso dalla Prefazio Comune IV: “Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva, per Cristo nostro Signore”. Di conseguenza, la liturgia esisteva prima che noi avessimo mai potuto partecipare ad essa, perché è iniziata nella Santissima Trinità, e Cristo, che nella sua vita terrena ci ha mostrato l’esempio di come adorare il Padre, ha concesso a coloro che credono, i mezzi per lasciar trasformare le loro vite dalla celebrazione della liturgia, che comunica la vita della Trinità a noi.

L’opera dello Spirito Santo nella liturgia, santificandoci, ci sigilla nella relazione d’amore della Trinità che è il cuore della Chiesa. È lo Spirito Santo che ispira la fede e suscita la nostra cooperazione. È questa cooperazione genuina, indicativa del nostro desiderio di Dio, che fa diventare la liturgia un’opera comune della Trinità e della Chiesa (CCC 1091-1092).

Prima della missione salvifica di Cristo nel mondo poteva iniziare, lo Spirito Santo aveva posto le basi per ricevere Cristo, portando a compimento le promesse dell’Antica Alleanza, il cui racconto delle meraviglie di Dio, forma, nient’altro che la spina dorsale della nostra liturgia, di quanto fece per la liturgia della casa di Israele. Dall’Antico Testamento, con la sua vasta raccolta di letteratura insieme con la bellezza dei salmi, dove sarebbe la celebrazione della Chiesa dell’Avvento senza il profeta Isaia? E la liturgia nella serata di Giovedì Santo, senza la proclamazione del rituale Pasquale in Esodo 12? Inoltre, come la Veglia pasquale evidenzierebbe, come fa così straordinariamente, l’armonia del Vecchio e del Nuovo Testamento senza il racconto della traversata del Mar Rosso, con il suo cantico, in Esodo 14-15? (CCC 1093-1095) Le grandi feste dell’anno liturgico rivelano l’intrinseco rapporto delle liturgie ebraica e cristiana come si può vedere nella celebrazione della Pasqua, “Pasqua della storia, tesa verso il futuro, presso gli ebrei; presso i cristiani, Pasqua compiuta nella morte e nella risurrezione di Cristo, anche se ancora in attesa della definitiva consumazione” (CCC 1096).

Mentre, nella liturgia della Nuova Alleanza, l’assemblea deve essere preparata al suo incontro con Cristo e la sua Chiesa, questa preparazione, in primo luogo, non è una ricezione intellettuale di verità teologiche, ma un affare interiore del cuore, in cui la conversione si esprime al meglio e il convincimento verso una vita in unione con la volontà del Padre viene più vividamente riconosciuta. Questa disponibilità, o docilità verso lo Spirito Santo, è il presupposto per le grazie ricevute durante la celebrazione stessa e per i loro successivi affetti ed effetti (CCC 1097-1098).

La connessione tra Spirito Santo e la Chiesa manifesta Cristo e la sua opera salvifica nella liturgia. Specialmente nella Messa, la liturgia è “Memoriale del mistero della salvezza”, mentre lo Spirito Santo è la “memoria viva della Chiesa” a causa del suo ricordare del mistero di Cristo. Il primo modo in cui lo Spirito Santo ricorda il senso dell’evento della salvezza, è vivificando la Parola di Dio proclamata nella liturgia affinché possa diventare un progetto di vita per coloro che la ascoltano. Sacrosanctum Concilium 24 spiega che la vitalità della Sacra Scrittura mette sia i ministri che i fedeli in relazione viva con Cristo (CCC 1099-1101).

“Massima è l’importanza della Sacra Scrittura nel celebrare la liturgia. Da essa infatti vengono tratte le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici, e da essa prendono significato le azioni e i segni” (SC 24).

L’assemblea liturgica, quindi, non è tanto una collezione di diversi temperamenti, quanto una comunione nella fede. La proclamazione liturgica chiede una “risposta della fede”, indicativa sia di “adesione ed impegno” e fortificata dallo Spirito Santo che infonde nei membri dell’assemblea “la memoria delle opere meravigliose di Dio”, attraverso un’anamnesi sviluppata. In quel momento l’azione di grazie verso Dio per tutto quello che ha fatto sfocia naturalmente nella lode di Dio o dossologia (CCC 1102-1103).

Nelle celebrazioni del Mistero Pasquale, il Mistero Pasquale non viene ripetuto. Sono le celebrazioni che si ripetono. Ad ogni celebrazione, è l’effusione dello Spirito Santo che rende questo specifico mistero presente. L’Epiclesi è l’invocazione dello Spirito Santo e, ricevendo il Corpo e il Sangue di Cristo nella Santissima Eucaristia con disposizioni corrette, i fedeli stessi diventano pure un’offerta viva a Dio, desiderosi nella loro speranza della loro eredità celeste e testimoniando la vita dello Spirito Santo, al di là della celebrazione liturgica stessa. In quel momento “il frutto dello Spirito nella liturgia è inseparabilmente comunione con la Santissima Trinità e comunione fraterna” (CCC 1104-1109). Come abate Alcuin Deutsch di Collegeville scrisse nel 1926 nella sua prefazione alla traduzione inglese di Virgil Michel de La pieté de l’Église di Lambert Beauduin, “la liturgia è l’espressione, in modo solenne e pubblico, delle credenze, amori, aspirazioni, speranze e timori dei fedeli nei riguardi di Dio. [...] È il prodotto di un’esperienza emozionante, che pulsa con la vita e il calore del fuoco dello Spirito Santo, delle cui stesse parole è piena, e sotto la cui ispirazione è nata. Come nient’altro ha il potere di scuotere l’anima, di vivificarla, e darle interesse per le cose di Dio”. (p. IV)

fonte: Zenit.org, 97/03/2012
http://www.zenit.org/article-29817?l=italian


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Fonte: Diocesi di Porto-Santa Rufina  http://www.diocesiportosantarufina.it/home/news_det.php?neid=1744

martedì 25 gennaio 2022

I cristiani e la Trinità, di don Tommaso Acconcia


I CRISTIANI E LA TRINITA’
di don Tommaso Acconcia




La Chiesa è una realtà complessa, fatta di umano e di divino. Può essere paragonata a un prisma, dalle innumerevoli facce. E’ presentata, perciò, con tante immagini, che richiamano l’uno o l’altro aspetto della sua realtà: Casa della Trinità, dei figli di Dio, dell’Eucarestia, della preghiera, della Parola di Dio, della carità.
Mi piace contemplare la Comunità cristiana come la “Casa della Carità”. La parola “carità” deriva dalla parola greca: “Xaris-Xaritas”, che significa grazia, dono, benevolenza, riconoscenza, ciò che è bello, amabile ed eccita gioia, piacere. Da qui il termine “carino”. E’ sinonimo anche della parola “agape”, che significa amore.
La fede cristiana riconosce Dio come Trinità indivisibile, Carità, Amore infinito, che provoca stupore con le sue relazioni tripersonali e sempre si dona, per coinvolgere, tutto e tutti, nella bellezza e la gioia del suo vivere. Per la stessa fede, Cristo Gesù è la Carità eterna, che si è resa visibile nella storia, vivendo sempre in comunione e in comunicazione con il Padre e lo Spirito Santo, e con gli uomini, nella donazione totale di se. Dove non c’è Cristo, non c’è Carità. La Carità cristiana è accogliere Cristo in se; è porsi in perenne comunicazione con Lui, per ricevere il dono del suo Spirito, che consente di seguirLo nel suo nuovo modo di vivere. Comunica con il Cristo chi partecipa all’Eucarestia, per lasciarsi da Lui illuminare e toccare. Pregare è entrare in comunione con Lui, partecipare al suo dialogo con il Padre e lo Spirito Santo.
Accoglie il Cristo chi s’impegna a essere Sua memoria vivente, facendo presente oggi il Suo stile di vita, il Suo donarsi, senza secondi scopi; nella condivisione dei dolori e delle gioie, dei problemi materiali e spirituali degli altri; nella reciprocità, sempre pronto ad accogliere il donarsi dell’altro. Vivere è porsi in relazione con la natura e con gli altri.
La Carità è un modo nuovo di relazionarsi che nasce dalla fede viva ed operosa nel Cristo e nella Trinità. E’ un vedere nella natura e negli altri un segno della presenza di Dio, di Cristo. Nasce così il senso del rispetto, dell’accoglienza, della gratuità, della condivisione, che si oppone alla volontà di dominare e strumentalizzare gli altri.
Dove mancano tali qualità, non c’è Carità. Ci potrà essere certamente una bontà naturale, una solidarietà istintiva, che è riposta ad una emozione, provocata da una grave situazione (terremoto, alluvione, violenza, ecc.), che potrebbe spingere anche a dare la vita, che è un gesto nobile, ma non germogliato dalla carità. La Carità è tutt’altra cosa, rispetto alla solidarietà, comunque intesa. Siamo a un livello superiore di sentimenti e di azioni, a un agire costante che diventa opera.
L’uomo della carità è l’uomo con una passione viva per il Cristo e per gli altri; è l’uomo che ogni giorno sa donarsi, consegnare la sua vita, nelle sue semplici o grandi manifestazioni, per far conoscere agli altri il Cristo, nella bellezza della Sua Carità.
San Paolo ci offre un ritratto concreto dell’uomo della Carità: Colui che è paziente, è benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La Carità non finisce mai (1 Cor.13). 
La Comunità cristiana deve essere un cantiere sempre aperto, per la crescita della Carità.


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Fonte: articolo di don Tommaso Acconcia per il giornale Avvenire.

giovedì 20 gennaio 2022

Principi della Poesia, di Benedetto Croce

 

Principi della Poesia

di Benedetto Croce



Se si prende a considerare qualsiasi POESIA per determinare che cosa la faccia giudicare tale, si discernono alla prima, costanti e necessari, due elementi: 

1) un complesso di immagini; 

2) un sentimento che lo anima.

Due elementi, che per altro appaiono due nella prima e astratta analisi, ma che non si potrebbero paragonare a due fili, neppure intrecciati traloro, perchè, in effetto, il sentimento si è tutto convertito in immagini, in quel complesso d'immagini, ed è un sentimento contemplato e perciò risoluto e superato. Sicché la poesia non può dirsi né sentimento né immagine né somma dei due, ma "contemplazione del sentimento" o "intuizione lirica" o (che è lo stesso) "intuizione pura", in quanto è pura di ogni riferimento storico e critico alla realtà o irrealtà delle immagini di cui s'intesse, e coglie il puro palpito della vita nella sua idealità.

Fondamento di ogni poesia è la personalità umana, e poiché la personalità umana si compie nella moralità, fondamento di ogni poesia è la coscienza morale. L’artista... deve avere quella partecipazione al mondo del pensiero e dell’azione che gli faccia vivere, o per propria esperienza diretta o per simpatia con l'altrui, il pieno dramma umano.

L’opera d’arte come “immagine lirica” concerne il rapporto tra "intuizione" ed "espressione" e il modo del passaggio dall'una altra.


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Fonte: Benedetto Croce, AESTHETICA IN NUCE, Ed. Laterza, Bari, 1946.



venerdì 12 febbraio 2021

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lunedì 1 giugno 2020

L'icona miracolosa della Madre di Dio di Terebovlia



 L'icona miracolosa
della Madre di Dio di Terebovlia
a cura di Yaryna Moroz Sarno



Дана ікона знаходилася у свій час в монастирській церкві василіянської чернечої обителі Преображення Господнього. Перша письмова згадка про Теребовлянський василіанський монастир датується 1650 р. Монастир був не в самій Теребовлі, а на пагорбі біля с. Підгіряни (Підгора), що за два км. від міста. Ймовірно, що тут чернече життя вирувало ще в княжі часи. У свій час в монастирі була велика бібліотека. Монастир був також осідком ваиліянських філософічно- богословських студій. Проіснував він до 1783 р. Щодо походження ікони Пресвятої Богородиці, то можна ствердно сказати одне : вона із давних часів належала родині Римбалів, яка з покоління в покоління успадковувала священичий сан в Теребовлі. До слова, так , як Терлецькі при церкві св. Юра в Дрогобичі або Попелі при церкві при св. Івана Хрестителя в Городку. Перші історичні повідомлення саме про цю ікону Божої Матері свідчать, що вона спочатку знаходилася у світській церкві, парохом якої був Григорій Римбала. Надалі ікона Пресвятої Богородиці знаходилася в монастирській Святопреображенській церкві василіянської чернечої обителі.

Джерело: http://pilgrimage.in.ua/terebovlyanska/#prettyPhoto
2016 © Pilgrimage.in.ua

    L'icona miracolosa della Madre di Dio di Terebovlia collocata attualmente nell'altare laterale dell'Arcicattedrale di San Giorgio a Leopoli, una volta stava nella chiesa monastica dei basiliani della Trasfigurazione che si trovava vicino Terebovlia (sulla collina presso il villaggio Pidgiriany) di cui la prima menzione scritta risale al 1650. L'icona miracolosa della Madre di Dio di Terebovlia è una tra le più antiche icone ucraine "piangenti". La storia del pianto dell'icona della Beata Vergine Maria di Terebovlia è descritta nell'opera "Il Cielo  Nuovo" (Leopoli 1665) di Ioanikiy Galiatovsky, il rettore dell'Accademia Kyevo-Mohylanska.


"Il Cielo  Nuovo" (Leopoli 1665) di Ioanikiy Galiatovsky

    Nel libro della corte giuridica di Terebovlia sotto l'anno 1663 è scritto che per la prima volta "L'immagine della Beata Vergine pianse il giovedì prima della Pasqua ucraina". Di nuovo per la seconda volta questa icona della Beata Vergine "pianse abbondantemente nel Sabato Grande".
    Le fonti storiche testimoniano che nel 1651 solo a causa del miracolo che accadde attraverso le preghiere all'icona della Beata Vergine di Terebovlia, gli abitanti difesero il castello di Terebovlia dai Turchi e Tartari.
   Dal 1673, questa icona miracolosa della Madre di Dio è stata situata nella chiesa cittadina di San Nicola nella città di Terebovlia. Nello stesso anno, secondo la Commissione spirituale del Concistoro episcopale, la cui decisione si basava sulle confessioni dei testimoni oculari degli atti miracolosi confermati sotto giuramento, il vescovo Josyp Shumlyansky (1676–1708) proclamò come miracolosa l'icona della Beata Vergine Maria  di Terebovlia. 
   Nel 1673 il vescovo di Leopoli Josyp Shumliansky trasferì l'icona nella Cattedrale di San Giorgio in una cappella appositamente costruita, invitò i monaci a prendersi cura di essa e istituì una fondazione  per questo scopo. Nel testamento del vescovo J. Shumliansky è scritto che l'immagine della Beata Vergine deve "rimanere per sempre nello stesso posto con tutto l'argento, i gioielli e gli apparati". 
    Durante la sua permanenza a Leopoli nel 2001, San Giovanni Paolo II pregò davanti questa icona miracolosa e il 25 giugno 2001 la incoronò personalmente.



lunedì 4 maggio 2020

"Nell'attesa della Tua venuta", raccolta di poesie (2020) di Carlo Sarno




Carlo Sarno

“NELL'ATTESA DELLA TUA VENUTA”

raccolta di poesie





Sempre la poesia attraversa momenti particolari della nostra vita, contingenze storiche caratterizzate da problemi che appaiono gravi e insormontabili. La poesia aiuta a sollevarci in volo, vedere dall'alto e da lontano il mondo, oppure a penetrare nell'intimità delle cose e situazioni scorgendo una scintilla di speranza, bellezza, divino.
Carlo Sarno (28 aprile 2020)



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Indice:


1- Monte
2- Sorgente
3- Preghiera
4- Dolore
5- Alberi
6- La vite
7- Canto
8- Margherita
9- Lanterna
10- Come vento
11- Foglie
12- Fiori di acacia
13- Grigio
14- Richiamo
15- Tenacia
16- Verde
17- Campane
18- Tenera Chiesa
19- Fiamma
20- Inno
21- Orizzonte
22- Gerusalemme
23- Candela
24- Sapore
25- Contemplare




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MONTE


Monte che nell'azzurro ti stagli

immobile e sereno


con la tua croce ci guardi

ci parli

attendi la nostra risposta.


Scaturisci dal cuore

immenso e generoso

“ Mio Signore e mio Dio! ”








SORGENTE


Misericordia e amore

Tu sei per noi


al verde dei nostri campi

assetati e bisognosi

doni la tua vita.


Perchè!?

Solo per amore!






PREGHIERA


Sembri lontano

nel cielo azzurro


ma noi leviamo lo sguardo

riconoscente

lo fissiamo nel Tuo splendore.


Ma non temiamo il Tuo amore!








DOLORE


Nella compassione... la sofferenza

nel Tuo cuore… la Tua passione

nel Tuo amore… la Tua redenzione.


Nel Tuo costato ferito

la Tua misericordia

copre i nostri peccati


il dolore di aver tradito...

il vero Amore.








ALBERI


Cime rivolte al cielo

come puntali

frecce pronte a slanciarsi...


ci indicano una direzione

un rapporto diverso

una rete di infinito

che niente può placare

che è riposto nel nostro cuore

che solo in Dio riposa.








LA VITE


Sbocciano i tralci

dell'uva sapiente

cercano luce

si legano alla verità.


Trasudano pietosi

nella Tua partecipazione


in comunione donano

e convertono.








CANTO


Di uccelli il canto

melodioso e soave


angelico

armonico

costante


una sinfonia vicina

e lontana

dai toni alti e bassi…


Creazione meravigliosa

che allieta il sensibile cuore!








MARGHERITA


Emerge dal fondo verde

di rigoglioso giardino

l'aureo timbro cromatico

di una margherita in fiore,


infiniti petali comunicano

la gioia dell'apparire

dell'esistere

in grazia di Dio.








LANTERNA


Bianca attraversata dall'azzurro

oscilla al vento

dello Spirito creatore.


Sospesa nell'aria

sostenuta dalla fede

non teme tempesta.


Accoglie la luce

e rischiara le tenebre

di chi attende

di chi spera

di chi soffre.








COME VENTO


Vieni Santo Spirito

come vento rinfrescante

che allontana l'arsura

di un deserto senza amore.


Vieni Santo Spirito

come vento umido

che bagna i nostri occhi

di compassione e comprensione.


Vieni Santo Spirito

come vento infuocato

che il gelo del nostro cuore

dissolvi con il Tuo Amore.








FOGLIE


Tremolanti e insicure

affrontano il cielo

sembrano cadere

sospese

ad un minuscolo filo.


Si muovono insieme

danzano insieme

suonano insieme.


Guardarle

nei riflessi di luce

donano gioia ai nostri cuori

allegria alla vita.








FIORI DI ACACIA


Bianchi nel cielo

a grappolo

sull'albero come angeli.


Sono tanti

puri e santi


Sono belli

come preziosi anelli.






GRIGIO


L'azzurro è lontano

coperto da un grigio candore


tempo di attesa


gocce sospese e leggere

bagnano i nostri ricordi


delicatamente

sommessamente

come carezze amorevoli.






RICHIAMO


Un richiamo lontano

continuo e fiducioso

comunica

nell'aria soffusa


attraversando frontiere

scavalcando barriere

come onesto corriere.


Pensieri invalicabili svaniscono

e cuori distanti si incontrano.






TENACIA


I lunghi rami sostiene

delle ferite sofferte

con un robusto spirito

ricolmo di fede...


grande scoperta

come colpito

essere umano.


Radicato di amore

non teme pericoli

confida in Te.






VERDE


Quanti toni nei campi

di verde

chiari e scuri

opachi e brillanti.


Si intrecciano e si fondono

creando

inimmaginabili prospettive

profondità misteriose.


Dietro il verde tono

si cela

anelito di speranza

respiro di vita.






CAMPANE


Inatteso

il suono si distende

di campane generose e soavi.


Sembrano

anticipare i nostri sospiri

alleviare le nostre sofferenze

allietare le nostre gioie.


Agitate

dal vento invisibile

risuonano nei nostri cuori

con antica sapienza

con divina misericordia.






TENERA CHIESA


Sola testimone

eretta con pietra di carne divina

non rinuncia al sacrificio generoso

per la redenzione di tutti.


Accoglie con misericordia

gli umili peccatori,

e trovano in essa

una tenera madre.


Vilipesa, odiata e saccheggiata,

tradita dai suoi dubbiosi fedeli,

sparge col suo sangue l'amore

che l'umanità attende per la sua salvezza.


Tenero Padre

Tenero Figlio

Tenero Spirito…


Tenera Chiesa.








FIAMMA


Illumina le tenebre

consente il vedere

vicino e lontano.


Riscalda il gelo

dona calore

vicino e lontano.


Anima il cuore

genera amore

vicino e lontano.








INNO


A Te la lode, oh Dio!

Santo dei Santi

Onnipotente Signore

Amore Infinito

Misericordia generosa

Immensa pietà!


A Te la lode, oh Dio!

A Te la lode, oh Dio!

A Te la lode, oh Dio!


A Te la lode, oh Dio!

Ci hai sollevato dalle nostre miserie

ci hai avvolto nel Tuo amore

ci hai lavato le nostre ferite

ci hai benedetto con il Tuo sangue

ci hai donato il pane della vita!


A Te la lode, oh Dio!

A Te la lode, oh Dio!

A Te la lode, oh Dio!


A Te la lode, oh Dio!

Padre, Figlio e Spirito Santo

Trinità Santissima

Sorgente di amore infinito

Donatore della Madre Chiesa

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale!


A Te la lode, oh Dio!

A Te la lode, oh Dio!

A Te la lode, oh Dio!








ORIZZONTE


Di speranza intenso

incandescente...


della festa del Cielo.








GERUSALEMME


Anelito di pace

con parvenza irraggiungibile

smuove il pellegrino cuore

ad un cammino di conversione.


La Tua presenza in terra e in cielo

rassicura l'anima contrastata,

tribolazioni e gioie

accogli tra le tue possenti mura:

oh Gerusalemme!!!








CANDELA


Bianca, pura, immacolata,

ardi nei nostri cuori

con il Tuo calore di Madre

premurosa e attenta.


Dolcemente illumini

le nostre debolezze

ci riconduci sulla retta via...


nostro viaggio terreno

proteggi

con il Tuo perpetuo soccorso.


Oh, Candela benedetta!

Oh, Candela di salvezza!

Oh, Candela di fuoco!

Oh, Candela di amore!








SAPORE


L'assenza valorizza la presenza

di un desiderio eterno

rivolto al cielo.


La Parola irrompe nel silenzio

di una esistenza opaca

priva di ideali.


Chi crede in Te – Gesù! -

gusta soave sapore

del pane divino redentore.








CONTEMPLARE


Occhi ricolmi di infinito

trasbordano amore

trascendono i sensi.


L'immensità del cuore appare

riflesso del grande Amore

che tutto donò

che tutto amò!


Gioia eterna

letizia dell'anima

preannuncio del Paradiso

“nell'attesa della Tua venuta”.







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FINE





martedì 24 marzo 2020

LINGUAGGIO ARTISTICO E TEMPO ESCATOLOGICO, di Carlo Sarno




Carlo Sarno


LINGUAGGIO  ARTISTICO  E  TEMPO  ESCATOLOGICO

Ipotesi di cronolinguistica per una semantica cristiana dell’immagine


  
INVOCAZIONE
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“ Cristo sia lodato !!!
.......sempre sia lodato !!! ”
PREMESSA
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I SEGNI DEI TEMPI  E  IL MISTERO CENTRALE DELLA FEDE
Scrive Fra Matteo Palumbo  O. Carm. :
“…Il fondamento della nostra fede, il pilastro di tutto, il valore assoluto da cui deve partire tutto il resto è questa certezza: “ Dio è presente ed operante nella storia “.
Se questo è vero, allora ci saranno, nella storia, i segni di questa presenza e di questa azione di Dio.
Logica conseguenza è che l’impegno primario che deve assumere un cristiano è quello di mettersi in ascolto, quello di leggere e capire i segni di questa presenza e di questa azione di Dio nella storia.
La Chiesa chiama questi segni della presenza e dell’azione di Dio nella storia “segni dei tempi” e chiama l’impegno del cristiano di mettersi in ascolto, di leggere, di capire questi segni “lettura dei segni dei tempi”.
Allora, Dio pone i segni della sua presenza e della sua azione, però la capacità di leggere questi segni dipende da noi ! Il segno è qualcosa che porta un messaggio, che svela, rende chiaro un messaggio. Per questo dobbiamo abilitarci a leggere i segni dei tempi e nella preghiera chiedere continuamente questo dono importantissimo al Signore; e questo perché se manca la lettura dei segni dei tempi mancherà anche la capacità di dare risposta alle esigenze più vere degli uomini e di Dio…”
Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana.  E' il mistero di Dio in se stesso. E' quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina. E' l'insegnamento più fondamentale ed essenziale nella gerarchia delle verità di fede.
Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico : Padre , Figlio e Spirito Santo, il quale libera, riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato. Attraverso le missioni divine del Figlio e dello Spirito Santo, Dio Padre realizza il suo benevolo disegno di creazione, redenzione e santificazione .
Il fine ultimo, escatologico, dell'intera Economia divina è che tutte le creature entrino nell'unità di amore perfetta della Beatissima Trinità .
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INQUADRAMENTO TEORICO DEL TEMPO
Fin dall'antichità il tempo ha subito varie interpretazioni, mutevoli definizioni e accezioni, e ciò perché l'uomo vive ed esperisce il tempo in una pluralità di forme. 
Esistono tempi individuali (biologici, psicologici) e tempi collettivi (solare, religioso, politico), tempi della natura e tempi della società, tempi quantitativi e tempi qualitativi, tempi locali e tempi globali, ecc...
All'interno della filosofia Nicola Abbagnano (1901-1990), massimo esponente della corrente esistenzialista italiana e fondatore dell’Esistenzialismo Positivo, segnala tre grandi filoni paradigmatici di pensiero:
1.    il tempo come "ordine misurabile del movimento" ;
2.    il tempo come "movimento intuitivo" ;
3.    il tempo come "struttura delle possibilità" .
Il primo paradigma temporale (il tempo come "ordine misurabile del movimento")  ha origine nel concetto ciclico del mondo e della vita proprio dei greci che si sintetizza nell'espressione aristotelica "il tempo è il numero del movimento secondo il prima e il dopo" e sfocia, in seguito, nella concezione scientifica del tempo: Cartesio, Newton, Kant fino ad arrivare ad Einstein, il quale non nega le considerazioni precedenti ma dice solo che l'ordine di successione non è unico ed assoluto (permane quindi il tempo come ordine di catene causali). In sintesi il primo paradigma può esprimersi con questa definizione esistenziale :" Essere nel tempo significa essere nel numero" .
Il secondo paradigma temporale (il tempo come "movimento intuitivo") ha origine in una visione intimistica e spiritualista del tempo che affonda le sue radici nella patristica medievale ed in particolar modo in S.Agostino che identifica il tempo con la vita stessa dell'anima, che si estende dal presente verso il passato ed il futuro. In seguito abbiamo, emblematici, Bergson e Husserl; il primo che concepisce il tempo come durata creativa, slancio vitale, ed il secondo che considera il tempo come un flusso continuo di esperienze vissute. In sintesi il secondo paradigma può esprimersi con questa definizione esistenziale :" Essere nel tempo significa essere nel movimento intuito ".
Il terzo paradigma temporale (il tempo come "struttura delle possibilità") ha origine dal concetto esistenziale di tempo inteso secondo Heidegger, il quale pone il tempo come possibilità, come infuturamento del presente che manifesta il proprio poter-essere "...se difatti due eventi, contemporanei per un certo sistema di riferimento, possono non esserlo per un altro, il tempo non è ordine necessario ma la possibilità di più ordini..." (Abbagnano, Diz. di Filosofia). In sintesi il terzo paradigma  acquisisce il principio di indeterminazione di Heisenberg (“non è possibile conoscere simultaneamente la velocità e la posizione di una particella con certezza” e si riferisce ad ogni coppia di variabili) e può esprimersi con questa definizione esistenziale :" Essere nel tempo significa essere nella possibilità ".
A questo punto dell’argomentazione, facendo interagire le tre definizioni esistenziali precedenti, e ponendo come attrattore semantico l'idea del libero arbitrio e focalizzando l'attenzione sui processi creativi dell'uomo come fattore caratterizzante il tempo antropologico, si può formulare la seguente definizione olistico-esistenziale del tempo :
" Essere nel tempo significa essere nell'intuizione della possibilità di più ordini funzionali ".
Tale definizione pone rispetto al tempo in primo piano il valore dell'intuizione creativa dell'uomo, in secondo piano l'aspetto progettuale, il poter-essere, e in ultima istanza l'atteggiamento ordinativo del tempo.  Se ne deduce quindi, come prima istanza, che essere coscienti nel tempo corrisponde ad essere nella libertà, ad essere nella volontà del tempo, ad essere intrinsecamente umani.

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TEMPO SOVRASTORICO
Per tempo sovrastorico si intende un tempo capace di sintetizzare tempo globale e tempo locale, assoluto e relativo.  Il tempo storico è un tempo globale, oggettivo, che integra gli eventi in una maglia: è questo il tempo della collettività, del sociale, in cui le singolarità sono inglobate nella pratica sociale generale.  Un tempo locale può essere considerato il tempo dell'inconscio che è relativo all'individuo, alla sua soggettività, alla esperienza vissuta.  O ancora si potrebbe distinguere tra il tempo del bambino, che è locale, e il tempo dell'adulto, che è prevalentemente globale.  Inoltre, caso emblematico nella scienza, la differenza tra il tempo assoluto di Newton ed il tempo quanto-relativistico di Planck .
Ma queste dicotomie tra assoluto e relativo, universale e particolare, globale e locale, si riconducono a grandi tematiche filosofiche, le quali hanno operato in vario modo per determinare una riconciliazione degli opposti in una sintesi inglobante gli aspetti positivi di entrambe le posizioni .
Una prima grande sintesi in questo senso, nella scienza, l'ha operata Galileo Galilei che, con la creazione del metodo sperimentale, coordinò matematica ed esperienza per potenziare la capacità conoscitiva dell'uomo nell'interpretazione dei fenomeni che la natura ci sottopone .
Un altro grande esempio di sintesi fu quella operata in filosofia da Kant che fuse idealismo ed empirismo in un unico sistema critico-filosofico .
Per ciò che riguarda il tempo antropologico, anche qui è possibile costruire una concezione unitaria: la sintesi è fornita dal dispiegarsi del tempo sovrastorico .
Risulta necessario a questo punto, prima di pervenire alla definizione di tempo sovrastorico, richiamare la definizione finale di tempo esistenziale data precedentemente.  Dunque : " Essere nel tempo significa essere nell'intuizione della possibilità di più ordini funzionali ".  Questa espressione ingloba col termine ' possibilità ' l'aspetto relativistico del tempo e con 'ordine funzionale' l'aspetto assoluto.  L' 'essere nell'intuizione' estrapola il potenziale dell'intenzionalità cosciente e le sue possibilità sovratemporali.  Essere nell'intuizione significa essere prima della storia: ed in tale senso è da intendersi il carattere sovrastorico del tempo . 
Sovrastoria significa essere prima della storia, oltre la storia, non avulsi completamente dal tempo ma solo al di là del tempo storico-epocale. Di solito il sistema socio-politico-culturale determina il sistema di riferimento temporale entro cui ognuno si trova vincolato e a subirne le variazioni epocali .
Al contrario il tempo metafisico, trascendente – come lo si è inteso di solito - , rompe qualsiasi rapporto con il reale rifugiandosi in un mondo ideale.  L'uomo vive questa dissociazione categoriale a livello interiore ed a causa di questo contrasto si trova a subire disfunzioni psico-comportamentali .
Il tempo sovrastorico getta un ponte tra l'assoluto e il relativo, pone l'uomo in una posizione intenzionale sovra-epocale che lo libera dalle remore storiche e dai condizionamenti epocali, che gli consente di ritrovare la sua volontà di essere, che gli rende possibile l'interazione con diversi sistemi di riferimento categoriali e la trasformazione di questi in un metasistema soggettivo che gli dà l'opportunità di realizzare il suo essere nell'esser-ci .
Pertanto, possiamo ora formulare la seguente definizione di Tempo Sovrastorico :
" Il tempo sovrastorico è il tempo dell'uomo che si pone nell'intuizione del tempo in modo cosciente e intenzionale;  in altri termini, il manifestarsi del tempo sovrastorico corrisponde al salto da un tempo locale, che si reputa globale, a più tempi locali che determinano nelle loro interazioni un sistema globale sovraepocale intenzionale che può interagire con tutti i sistemi locali, compreso quello di partenza, in modo autonomo " .
Il tempo sovrastorico è pertanto il tempo della contemporaneità di assoluto e relativo.  La sovrastoria conduce all'attualità e quindi ad un ingresso libero nella storia, apre l’intelletto dell’uomo alla comprensione dell’ingresso escatologico di Dio, e quindi di Gesù Cristo il Figlio di Dio, nel nostro mondo e nella nostra storia.
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SEMANTICA GENERALE E LIBERTA’ SOVRASTORICA
La libertà come la si intende abitualmente è minata alle fondamenta da diverse contraddizioni di base. Molte di queste si possono rinvenire nel rapporto esistente tra linguaggio, tempo e libertà .
A proposito mi riconduco agli studi di Alfred Korzybski (1879-1950) e in particolare al suo opus magnum del 1933 "Science and Sanity" (Scienza e Sanità) che è il libro fondatore della 'Semantica generale'.  Egli parte dal principio che il linguaggio vincola e struttura totalmente il comportamento dell'uomo.  La natura non funziona nello stesso modo in cui funziona il linguaggio.  La logica classica aristotelica ha creato i 'distinguo' inesistenti nella realtà, ove tutto è divenire.  Noi dando il nome ad un oggetto (per es. mela) cristallizziamo il suo significato, il suo divenire, il suo mutare, ad un unico istante.  A questa idiosincrasia di fondo occorre opporre, dice Korzybski, una logica non-aristotelica coerente con i risultati della fisica relativistica e quantistica, dove il moto delle particelle ben rappresenta la mutevolezza della realtà.  Il senso del divenire, il legame del tempo, con tutta la complessità che comporta, è il cuore della civiltà .
La vera vita dell'uomo come uomo non è la vita-nello-spazio, come quella degli animali, ma la vita-nel-tempo.  "...Ciò che distingue gli uomini - sostiene Korzybski - dai minerali , dalle piante e dagli animali , è la loro capacità di trasmettere da una generazione all'altra, mediante il linguaggio, ciò che essi hanno appreso. In altre parole, mentre gli animali sono space-binder, hanno cioè il solo legame spaziale, gli uomini sono time-binder, sono cioè legati nel tempo... ".
Tutta la nostra vita, il nostro pensiero, il nostro linguaggio, il nostro comportamento psico-somatico, è immerso nel divenire e di conseguenza nel tempo.  Gli stessi legami affettivi provano la loro esistenza in riferimento alla loro durata .
L'uomo è il tempo come coscienza del divenire. Il linguaggio sta al comportamento come il tempo alla libertà.  La matrice fondamentale di connessione del pensiero è il tempo: qualsiasi idea è inserita in un cronosistema. La libertà è legata alla facoltà di scegliere, secondo la propria volontà, tra due possibilità temporali opposte senza essere influenzata da pressioni esterne.  Qualsiasi difficoltà di autodeteminazione responsabile, comunicazione, espressione, trova la sua origine in fattori interagenti con le strutture temporali.  Anche i disordini sociali, il governo di una nazione, lo status di civiltà di un popolo, dipendono dalla concezione temporale. Si pensi a ciò che ha comportato la rivoluzione industriale, con la sua accelerazione del ritmo di vita, sull'equilibrio psichico-temporale dell'uomo contempraneo .
In generale il significato dell'azione presente, della finalità dell'azione, del modo di agire, dipende dal condizionamento della memoria personale in funzione della memoria collettiva, della struttura del tempo vigente e della propria concezione del tempo.  In questo senso si può dire che non è la pratica sociale a determinare il comportamento ma la pratica temporale, il flusso della coscienza e le direttive della memoria.
Di solito la pratica temporale dell'individuo, per ragioni di convenienza, viene a identificarsi con la pratica sociale ma, ciò comporta la accettazione del condizionamento esterno nella configurazione della propria struttura temporale.  Al contrario, una struttura temporale indipendente dalla pratica sociale, consente di determinare delle pratiche di comportamento e delle azioni individuali non condizionate e, pertanto, di chiedersi il vero significato di ciò che si fa della propria vita, di comprendere la presenza di Dio nella storia e la possibilità di trasfigurare e armonizzare la propria esistenza nell’Amore di Dio.
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LA CRONOLINGUISTICA : IPOTESI DISCPLINARE
George Kubler nel suo famoso libro “ La forma del tempo “ scrive :
Il contributo particolare dello storico è la scoperta delle molteplici forme del tempo. Il suo fine, qualunque sia la sua specializzazione, è di ritrarre il tempo. Lo storico mette in luce un disegno – come fa il pittore – che non era visibile a coloro che ne furono parte e che, precedentemente alla sua scoperta, era ignoto anche ai suoi contemporanei. Il tempo storico è intermittente e variabile. Ogni azione è più intermittente di quanto non sia continua e gli intervalli tra un’azione e l’altra sono infinitamente variabili in durata e contenuto. Gli elementi costitutivi del disegno del tempo storico sono gli eventi e i loro intervalli. Nel tempo storico è rilevante proprio quel tessuto dinamico che riempie gli intervalli e allaccia le esistenze tra loro.
Ogni opera d’arte importante può essere considerata come un avvenimento storico e allo stesso tempo come la soluzione faticosamente raggiunta di un certo problema, inserito in una serie o sequenze formali di soluzioni. Anche se ogni evento è unico e irripetibile, è proprio nella natura del nostro pensiero di intendere gli eventi soltanto per mezzo di identità che immaginiamo esistere tra loro.
Questo primo approccio storico-strutturale delle forme del tempo di Kubler, è stato ampliato mediante una ipotesi di “cronolinguistica” in grado di determinare un sistema morfogenetico anche di nuove strutture temporali, intervenendo nella processualità costitutiva e creativa del tempo.
Partiamo dalla definizione generale di Cronolinguistica : (termine che deriva dal gr. cronos, tempo, e logos, discorso), è la scienza che studia la collocazione ed il significato degli eventi nel tempo.  
Tale definizione amplia notevolmente il campo di applicazione della cronolinguistica rispetto la cronologia, la quale abitualmente investiva soltanto l'operazione della specificazione delle date esatte nella storia mentre ora, e questo è estremamente importante, determina l'analisi e la costruzione delle strutture temporali.   Studiare la collocazione e il significato degli eventi e determinare le strutture che sottendono il tempo esperito consente sia di approfondire l'interpretazione del tempo sia di comporre strutture, eventi, schemi, per riorganizzare o, se si vuole, progettare processi temporali ex-novo.   Un processo creativo sovrastorico, una concezione del tempo sovrastorico, non può prescindere da una rifondazione disciplinare del discorso sul tempo.
Focalizzando la nostra attenzione particolarmente sull'aspetto organizzativo-progettuale della cronolinguistica, cercherò di delineare per grandi linee la possibilità di sviluppo teorico-metodologico e tecnico-operativo che può comportare.   Prima di tutto occorre dire che i fenomeni di cui tratta la cronolinguistica sono gli eventi e le loro modalità di presentazione. Per modalità di presentazione di un evento si intendono le caratteristiche che lo identificano semanticamente.   L'evento, quindi, non è da intendersi come nella fisica contemporanea soltanto come porzione astratta del continuo spazio-temporale, ma nella scienza cronolinguistica l'evento assume altre connotazioni che rendono necessario la sostituzione del termine per evitare confusioni. Per questo motivo l'evento che ha una modalità di presentazione sarà chiamato " cronema ".
La definizione di cronema è la seguente: evento minimo con una sua identità semantica determinato ad un particolare 'grado di realtà'. 
Il cronema ha un precipuo significato antropologico in quanto rappresenta sempre un evento esperito dall'uomo con tutte le sfaccettature e implicazioni che ne derivano. In altre parole è sempre un evento che ha qualche riferimento con una azione umana, sia astratta che concreta, sia tracendente.  Una collezione di cronemi, ovvero un gruppo di cronemi non interagenti, si denomina : cronoinsieme.  Invece un insieme di cronemi interagenti tra di loro si definisce : cronosistema.
A questo punto si può postulare un approccio sistemico alla cronolinguistica, che viene vista ora come quel particolare sistema di trasformazione concettuale che trasforma determinati input in determinati output.  La cronolinguistica, quindi, elabora processi semantici alla luce di una serie di strutture temporali: è la disciplina che combina e trasforma e analizza il significato del tempo con il significante del tempo, intendendo per significato del tempo le sue modalità qualitative e per significante del tempo le sue modalità quantitative.   Qualsiasi processo temporale, studiato cronolinguisticamente, viene visto come un sistema costituito da tanti cronosistemi interagenti che a loro volta sono costituiti da altri sottosistemi più elementari. Inoltre in questo sistema è possibile enucleare macrostrutture e microstrutture astratte, caratterizzate dalla serialità e sequenzialità ed altri fattori localizzatori e, d'altra parte, in ogni sistema emergono delle gerarchie categoriali di tipo logico-semantico e delle variabili di connotazione antropologica.
In una visione più generale si può asserire che la cronolinguistica fonde il tempo-matematico-astratto con il tempo-semantico-concreto al fine di una interpretazione olistica del tempo vissuto. Apre l’uomo all’intuizione di un tempo sovrastorico che ammette l’attualizzazione nel presente del trascendente, e quindi conduce all’intuizione e ad una maggiore consapevolezza del tempo escatologico. 
Infine, per quanto riguarda l'approccio alla teoria dei modelli, la cronologia si serve sia di modelli quantitativi che qualitativi e, dove è possibile, elabora dei modelli olistici che unificano i due aspetti e ciò consente di pervenire ad una immagine sintetica ed esplicativa del problema affrontato.  E' bene ora passare alla descrizione ed alla articolazione disciplinare del corpus teorico della cronologia.
Dunque, la cronolinguistica è la scienza che studia la collocazione ed il significato dei cronemi nel tempo.   Essa si suddivide in tre grandi sistemi teorico-operativi : la cronopragmatica, la cronosintattica e la cronosemantica. 
La cronopragmatica , in generale, considera la relazione degli interpreti con i cronemi; nella sua attuazione operativa genera la cronoprassi.  La cronoprassi  è la disciplina che studia le strutture temporali riferite alle diverse rappresentazioni socio-epocali del tempo e che quindi ricerca sull'uso pratico-teorico dei cronemi. Inoltre la cronoprassi individua e determina le condizioni al contorno che originano i cronemi definendo un sistema astratto, chiamato cronosfera, che è di supporto al verificarsi di un cronema.  Per cronosfera  si intende un tempo teorico, ossia l'insieme degli attributi e delle condizioni al contorno che deve possedere un cronema o un sistema di cronemi per consentire uno svolgimento ed una interpretazione (dello stesso cronema) rispondente alle prestazioni richieste.  Ricapitolando, la cronopragmatica studia il cronema in riferimento alla pratica sociale.
La cronosintattica  considera le relazioni formali che sussistono tra i cronemi. Il sistema teorico-operativo della cronosintattica si articola in due discipline fondamentali: la cronotropia e la cronoschematica.  La cronotropia  è lo studio delle proprietà delle strutture temporali, riferite al significato evolutivo dei cronemi, che rimangono invariati anche quando le strutture stesse sono sottoposte a trasformazioni così radicali da perdere le loro prprietà seriali e proiettive. Si può porre la seguente analogia: la cronotropia sta alla cronoschematica come la topologia sta alla geometria. La cronotropia disaggrega il sistema temporale in sub-unità che si chiamano cronotropismi. Con cronotropisma si indica la struttura temporale diacronica che sottende un cronosistema per ciò che riguarda il suo significato evolutivo.  La cronoschematica  è invece lo studio delle strutture temporali riferite al significato sistematico dei cronemi e che determina le strutture di correlazione seriale e le tipologie processuali. La cronoschematica disaggrega il sistema temporale in sub-unità che si chiamano cronoschemi. Con cronoschema si indica la struttura temporale sincronica che sottende un cronosistema per ciò che riguarda il suo significato sistematico.  Ricapitolando, la cronosintattica studia il cronema in riferimento alla struttura formale del tempo. 
La cronosemantica , infine, considera il rapporto dei cronemi con gli oggetti cui si riferiscono. Inoltre la cronosemantica genera un'ulteriore disciplina regolatrice : la cronoarmonia.   La definizione di cronoarmonia è la seguente : è lo studio delle proprietà qualitative delle strutture temporali e dei metodi di composizione e proporzione dei rapporti semantico-temporali in riferimento ai principi armonici di serialità (ad es.: unità di azione).  La cronoarmonia individua e ricerca le cronoarmoniche del sistema temporale. Con cronoarmonica  si indica la struttura temporale che sottende un cronosistema per ciò che riguarda la proporzione armonica dei cronemi (coerenza).
Le procedure teoriche coordinate della cronopragmatica, cronosintattica e cronosemantica consentono di determinare i gradi di realtà, i gradienti temporali da cui emergono i cronosistemi e le matrici che generano i cronemi.  Un'ultima precisazione è da farsi per il cronema, il quale può appartenere a due famiglie morfologiche: quella del sincronema e quella del diacronema.  Il sincronema indica il significato sistematico del cronema in modo indipendente dall'evoluzione nel tempo, mentre il diacronema  indica il significato del cronema in funzione dell'evoluzione nel tempo.
Concludendo, la cronolinguistica è una nuova teoria e metodologia della disposizione temporale che si fonda essenzialmente su di una visione sistemica e linguistica che tiene conto di una visione olistica e sovrastorica del tempo che apre l’intelletto dell’uomo alla comprensione del tempo escatologico e, quindi, dell’ingresso di Dio nella storia.







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ARTE CRISTIANA , SINTROPIA ED ESCATOLOGIA
L’Arte Cristiana è escatologica, ovvero tende ad un fine che è la nuova vita annunziata e realizzata da Cristo. E’ esplicativa del destino finale dell’uomo e dell’universo alla luce della salvezza. Attraverso un processo evolutivo salvifico il miracolo della vita e dello spirito trasformeranno in bene ogni cosa. Questa impresa è la spiritualizzazione della materia. Ciò significa la pienezza dell’azione di trasfigurazione, una azione creativa e santificante che rende visibili ed attuali tutte quelle forze positive della vita e dell’amore, quali: l’altruismo, l’interdipendenza, l’interazione, la percezione, l’apprendimento, la cura, la cooperazione, la rispondenza, la sinergia, la compassione, la trascendenza, la bellezza, l’integrità, la passione, l’intensità, la fede…ecc.
In tal senso l’Arte Cristiana partecipa attraverso il suo contributo ad un processo trasfigurativo  dell’evoluzione della materia nello spirito, attua un processo di incarnazione dello Spirito di Dio nel mondo e lo rende visibile e comprensibile .
Per questi motivi la vera Arte Cristiana non potrà mai essere di tipo entropico ma sempre, o prevalentemente, di tipo sintropico.  Ma spieghiamo meglio questi due termini di entropia e sintropia .
L’entropia  si interessa di fenomeni che obbediscono al principio di causalità, direzionato dal passato verso il futuro, da cui conseguono i principi di riproducibilità e livellamento .
Al contrario la sintropia si interessa di fenomeni caratterizzati dal principio di finalità, direzionato da una causalità rivolta dal futuro verso il passato, da cui conseguono i principi di irriproducibilità e di differenziazione.
“ …Questi nuovi fenomeni sono stati detti dal Fantappié   Fenomeni sintropici, per il loro comportamento antientropico e sono stati identificati con quelli più tipici e misteriosi della vita. Nella formazione di un essere vivente si osserva infatti il passaggio da forme omogenee a forme sempre più differenziate ed è nella vita che si ha un anelito verso il futuro, che spinge gli esseri a muoversi e ad agire non più come conseguenza del passato, ma in funzione del futuro… “
Ciò significa che abbiamo l’esistenza di una struttura anche finalistica del nostro universo sensibile, accanto alla sua struttura causale che era finora l’unica ammessa.  Quindi, mentre il ben noto ai fisici concetto di Entropia indica una tendenza dei fenomeni naturali verso il disordine e la omogeneizzazione, ovvero la degradazione dei fenomeni fisici,   “ …il nuovo rivoluzionario concetto di Sintropia ,…indica una tendenza opposta verso stati di maggiore complessità e differenziazione…”. Con la Sintropia è come se la luce ritornasse nel tempo come forma di energia antifisica rispondente a richiami e attrazioni collocati con anticipo nel futuro da una volontà finalistica superiore.  La caratteristica dei fenomeni sintropici è la loro unicità creativa irriproducibile, in quanto regolati da una causa collocata nel futuro (fine).  La Vita intesa nella sua pienezza espressiva è quindi per vocazione sintropica e finalistica .
Spesso nei fenomeni che ci circondano troviamo la compresenza di entropia e sintropia, uno scontro tra una forza distruttiva ed un'altra costruttiva. Questo significa che tutti i fenomeni oltre a sottostare alle leggi fisiche vanno ampliate e generalizzate con leggi biologiche sintropiche .
Ad una Conferenza nel 1947 così parlò Luigi Fantappié, genio matematico teorizzatore di una visione unitaria del mondo e della vita, a proposito della verità che l’essenza della vita è tendere a fini, che significa per l’uomo che vivere è amare :
 “ …Quello che distingue la vita dalla non vita è dunque la presenza, negli esseri viventi, di questi fenomeni sintropici, finalstici, come fenomeni tipici della vita.  Ora come si considera essenza del mondo antropico, meccanico, il principio di causalità, è naturale considerare essenza el mondo sintropico il principio di finalità.  Quindi l’essenza della vita è proprio in questo principio di finalità. Vivere, in sostanza, significa tendere a fini.  In particolare, nella vita umana, che aspetto prendono questi fini ? Quando un uomo è attratto dal denaro, si dice che “ama” il denaro. L’attrazione verso un fine, per noi uomini, è sentita come “amore”. Noi vediamo dunque che la legge fondamentale della vita umana è questa: la legge dell’amore . …Noi vediamo così stampate nel gran libro della natura – che diceva Galileo è scritto in caratteri matematici – le stesse leggi che sono scritte nel Vangelo.  Che la legge fondamentale dell’uomo sia la legge dell’amore sta scritto nel Vangelo, ma sta scritto anche nella stessa natura.  Più in generale, la legge della vita non è dunque la legge dell’odio, la legge della forza, cioè delle cause meccaniche, questa è la legge della non vita, è la legge della morte;  la vera legge che domina la vita è la legge dei fini, e cioè la legge della collaborazione per fini sempre più elevati, e questo anche per gli esseri inferiori.  Per l’uomo è poi la legge dell’amore, per l’uomo vivere è, in sostanza, amare, ed è da osservare che questi nuovi risultati scientifici possono avere grandi conseguenze su tutti i piani, in particolare anche sul piano sociale, oggi tanto travagliato e confuso …La legge della vita è dunque legge d’amore e di differenziazione, non va verso il livellamento, ma verso una diversificazione sempre più spinta.  Ogni essere vivente, modesto o illustre, ha i suoi compiti e i suoi fini che, nell’economia generale dell’universo, sono sempre pregevoli, importanti, grandi…”.
E qui ritorniamo al discorso iniziale sull’Arte Cristiana e l’escatologia. L’Arte se vorrà essere veramente cristiana dovrà affrontare il tema escatologico del destino dell’uomo e di ciò che seguirà alla vita terrena (escatologia individuale) e alla fine del mondo (escatologia collettiva). In tal senso l’Arte Cristiana dovrà essere sintropica, incarnare nella materia e nel tempo la legge dell’amore come fine dell’uomo, trasfigurare il mondo con la santificazione e attuazione dello Spirito di Dio .
Sarà una Arte con una tensione fondamentale verso l’unione perfetta e armonica e bella dell’uomo con Dio, e contemporaneamente sarà una Arte indicatrice di una forte impegno etico in funzione di questa nuova vita di amore futura attesa con fede, e già iniziata con la incarnazione di Gesù Cristo .
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ARTE, TEMPO ED  ESCATOLOGIA
Scrive Padre Giovanni Leoncini sulla rilevanza del tema escatologico nelle arti figurative del primo cristianesimo, tema che comportò un vero distacco e la nascita di una nuova e originale  semantica cristiana nell’arte.
“… Il cristianesimo, pur originatosi dall’ebraismo, ma con una carica di universalità del tutto inedita, si diffuse ben presto nel mondo ellenistico-romano, dal quale recepì, tra l’altro, la capacità di formulare e di riproporre i concetti non solo attraverso la parola, ma anche attraverso le immagini, servendosi di un linguaggio figurativo adeguato, che venne in parte ripreso dalla civiltà artistica dell’epoca… Se si fossero voluti rappresentare i fatti della vita di Cristo non solo quale evocazione storica, ma anche nel loro più profondo significato mistico, non sarebbero certo mancati né i mezzi espressivi, né gli artisti capaci di servisene al meglio, data la ricchezza e la sottigliezza del linguaggio artistico di tradizione ellenistico…Ma il cristianesimo primitivo annunciava con assoluta determinazione non tanto il ricordo di fatti storici, per quanto esaltanti potessero essere stati, quanto l’avvento delle realtà ultime, escatologiche, in una continua dialettica tra le transitorie realtà terrene e le definitive realtà trascendenti, verso le quali l’evento di Cristo aveva per l’uomo riaperto il cammino… Prendiamo ad esempio l’immagine del Cristo crocifisso : Cristo è l’immagine del Dio invisibile (Col 1,15), e lo è anche sulla croce, anche nella morte, ma non perché egli sottostia alla morte, bensì perché morendo distrugge la morte e trionfa sul peccato e sul male. Quale immagine può rappresentare adeguatamente questa realtà? E’ dall’esigenza di rispondere a questo problema teologico che nasce l’iconografia del Christus Triumphans, del Cristo rappresentato vivente e impassibile sulla croce, come si addice a chi riporta vittoria e a chi, come Dio, non può sottostare alla sofferenza. Tale lo vediamo ad es. nella scena della Crocifissione della porta lignea di Santa Sabina a Roma del V sec….”
Una prospettiva escatologica cristiana che parte fedelmente da Gesù Cristo può consentire una percezione dell’infinito amore di Dio in tutte le nostre opere.
L’uomo non conosce la profondità del disegno salvifico e provvidenziale di Dio. Non sa molte volte il valore delle proprie azioni e delle proprie opere.
La cronolinguistica, come approccio metodologico e scientifico delle categorie temporali, consente una percezione più consapevole del disegno provvidenziale di Dio, interessandosi non solo dell’opera finita, ma del processo che conduce a quell’effetto.
Contemporaneamente con la cronolinguistica si può determinare il grado di libertà e universalità della semantica dell’immagine o opera prodotta.
La storia della salvezza opera a vari livelli di sistema, micro e macro, in serie temporali differenziate.
Ogni opera d’arte è attraversata da varie serie temporali formali e semantiche.
Nella semantica cristiana e relative serie temporali sono determinanti anche gli eventi futuri, le finalità che determinano l’azione (sintropia). Gli eventi futuri determinano le dinamiche della salvezza e della semantica cristiana dell’immagine.
La serie formale cristiana comprende anche gli eventi futuri percepiti con la fede. L’opera cristiana presenta un maggiore grado di universalità, in quanto comprende l’azione sovrastorica nel tempo dello Spirito Santo, ed illumina i cuori degli uomini alla visione della vera realtà di Dio.
La cronolinguistica oltre ad essere un approccio strutturale linguistico alla semantica cristiana dell’immagine, è anche un metodo per svincolare la nostra mente e la nostra anima da condizionamenti epocali e abitudini che limitano la nostra azione nel presente, impedendo la libera partecipazione alla volontà creativa di Dio.
Cronolinguistica-Uomo      Opera–Immagine       Sintropia-Natura
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Rappresentazione della “realtà sovrastorica”
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Amore di Dio - Trasfigurazione
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Semantica cristiana – Kairòslinguistica
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Opera-azione come collaborazione alla volontà creativa di Dio
Domandiamo al Signore nelle nostre azioni quotidiane di avere il coraggio di gloriarci solo di Lui e di accettare tutti gli avvenimenti in questa Luce, cioè di vederli non dalla prospettiva del nostro interesse, ma per la possibilità che ci offrono di essere più profondamente uniti alla passione e alla vittoria di Cristo.
Storia  > Semantica  > Immagine
Immagine > Semantica > Storia
Storia cristiana > Semantica > Immagine cristiana
Immagine cristiana > Semantica > Storia cristiana
Incarnazione/Passione/Resurrezione > Semantica > Cristo
Cristo > Semantica > Incarnazione/Passione/Resurrezione
Dalla storia scaturisce il significato semantico dell’immagine. Una semantica cristiana dell’immagine non può prescindere dalla sua storia, dal processo che ha generato l’immagine.
La cronolinguistica aiuta nella comprensione del processo generativo artistico, aiuta a rendere il processo creativo più libero, contrappone al tempo fisico il tempo sovrastorico, dove il vissuto si unisce al trascendente.
La persona, l’artista ritrova la sua essenza originaria, libero da sovrastrutture socio-epocali, in armonia con il creato e la sua “estetogenesi”. Ritrova Gesù come il vero senso del tempo e della storia. Con Gesù il tempo acquista significato, è parte della “storia di salvezza”. L’immagine cristiana scaturisce dal tempo di Cristo.
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SEQUENZE TEMPORALI E STORIA DELLA SALVEZZA
L’immagine acquista significato dalla sequenza temporale in cui è posta. Le sequenze, le storie si sovrappongono e interagiscono tra loro.
In base alle influenze e importanza della storia si possono individuare alcune storie ritenute come “attrattori di senso” che finalizzano e specificano la semantica dell’opera ottenuta.
Esistono storie generali e storie particolari, globali e locali.
La STORIA DELLA SALVEZZA è la storia più generale che ingloba tutte le altre storie comprese nella Creazione di Dio. Il significato recondito di ogni nostra azione e immagine prodotta lo si trova radicato nella Storia della Salvezza.  In questo la Bibbia è maestra indicandoci il disegno di salvezza di Dio come il fine escatologico di tutta la nostra storia.
La Storia della Salvezza è universale (globale) ma è anche particolare (locale), ovvero viene generata da un evento particolare, unico.
La nascita di Gesù, il Figlio di Dio, è stato il seme di salvezza di tutta la storia, che ha originato e dato compimento alla Storia di Salvezza.
Per cui se il disegno di Dio è generale, in ogni attimo e particella del creato vi è Cristo amore, testimone sommo dell’amore salvifico di Dio.
Ciò significa che un grande evento può essere generato anche da un piccolo e umile accadimento, come ad esempio la creazione della Chiesa ha inizio da un piccolo Bambino di nome Gesù nato in una stalla a Betlemme.
Il teologo Von Balthasar in tale ottica contrappone ad una concezione dell’escatologia come “futuro redentivo”, un’idea di escatologia come “eterno presente”, inteso come il luogo reale che costituisce l’ambiente adatto all’esistenza e alla trascendenza, corrisponde al “kairòs” inteso come momento opportuno per qualcosa di significativo.
L’icona perfetta di Dio è Gesù Cristo e viene chiamata da Von Balthasar “universale concreto” per indicare come l’uomo a immagine di Dio si forma a partire da una figura storica che però partecipa di qualcosa di non storico, che trascende il tempo ma che dà significato a tutto il tempo vissuto.
Quindi unicità dell’evento, della originalità della persona, pur sussistendo il piano generale di salvezza.
Il libero arbitrio e la creatività dell’uomo partecipano dell’amore e creatività di Dio. La creatività dell’uomo non è circoscrivibile in una struttura socio-temporale, ma partecipa del sacro e della infinita originalità di Dio.

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CARITAS IN VERITATE , Enciclica di Papa Benedetto XVI
Un breve accenno è da farsi alla recente Enciclica “Caritas in Veritate” di Papa Benedetto XVI per richiamare il concetto fondamentale in esso esposto della rilevanza per la Chiesa, e quindi anche dell’Arte Cristiana, di offrire una visione globale dell’uomo e dell’umanità.
L’Enciclica ci esorta a focalizzare l’attenzione su una idea di sviluppo umano integrale che conduca ad un “Umanesimo Trascendente”, dove la capacità di ascolto e realizzazione della Parola di Dio rivelerà l’uomo all’uomo, rendendolo libero e responsabile.
(Populorum Progressio – Paolo VI  : sviluppo umano integrale – libertà responsabile)
E’ scritto infatti nel Cap.1°-par.18 della “Caritas in Veritate”  :
Il Vangelo è elemento fondamentale di sviluppo perché in esso Cristo svelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela pienamente l’uomo all’uomo…un Umanesimo trascendente che conferisce all’uomo la sua pienezza, questa è la finalità suprema dello sviluppo personale.
In tale orientamento agisce il tempo escatologico aprendo l’uomo al trascendente, quindi ad una Arte integrale, essenzialmente cristiana.
L’Arte senza la dimensione escatologica rimane un’arte espressione parziale del tempo storico dell’uomo, e quindi incompleta, non formata dall’espressione sovrastorica di una bellezza di respiro universale ispirata dall’Amore di Dio.

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IMMAGINARE CON DIO

Il vero artista cristiano immagina con Dio, è tutto unito a Dio.  Ed il nostro Dio è un Dio di amore, di partecipazione, un Dio trinitario per un amore bello di comunione.  Si, proprio così, … un amore bello, perché quando l’amore è da Dio,  è bello !
La sensazione di bellezza che si prova nell’immaginare l’amore di Dio illumina i nostri cuori con un sincero stupore, con una emozione simpatetica di meraviglia, gioia e serenità.  Anche nell’espressione di un dolore o di un sentimento tragico la bellezza è serena, armoniosa .
Ci sono stati periodi storici ed artisti particolari che hanno avuto una maggiore tendenza ad immaginare, creare le loro opere, all’unisono con Dio, che si sono lasciati ispirare dallo Spirito di Dio .
Lo stesso Dante nella stesura del suo capolavoro, la Divina Commedia, si inventa personaggi che fanno da tramite del divino  e guida nel cammino verso la beatitudine del Paradiso, ad indicare come non fossero sufficienti le sue sole forze, benché di un genio, ma fosse necessaria per la riuscita della sua opera l’ispirazione di Dio .
Per non parlare poi di tutti quei scrittori che, fino a prima dell’oscurantismo spirituale – nel nome della ragione - dell’illuminismo, iniziavano le loro opere con invocazioni e ringraziamenti a Dio perché andasse a buon fine il loro lavoro .
Oggi, più di prima, l’artista cristiano ha bisogno di riscoprire l’importanza di immaginare con Dio, di sentirsi strumento nelle mani di Dio, di avere come unico fine l’armonia con la volontà di Dio, una volontà di amore e fratellanza .
Immaginare con Dio significa non avere più come obiettivo del fare arte l’ottenimento di un valore aggiunto, oggetto di mercato, non credere più nella mercificazione dell’opera d’arte frutto di narcisistica soddisfazione, bensì credere nell’opera d’arte come trasmettitore di emozioni capaci di smuovere i nostri cuori, come strumento di comunione redenzione e santificazione,  come un vero e proprio messaggio d’amore rivolto a tutti noi dal Cristo Risorto attraverso suoi veraci testimoni contemporanei.
In tal senso possiamo affermare e concludere :
l’immaginare con Dio conduce a non considerare più il valore estetico dell’opera d’arte come il più rilevante, bensì comporta per i fedeli e l’artista cristiano  la intuizione e consapevolezza di una  “teologia della visione” - da intendersi qui come teorizzato nei suoi studi dalla prof. Rosa Morelli e come espresso sapientemente dall’artista Lavinio Sceral nelle sue Cattedrali della Memoria -  dove l’immaginare con Dio vuol dire comprendere nell’opera d’arte la qualità emotiva ed espressiva del messaggio d’amore in una prospettiva temporale esistenziale escatologica, facendo così dell’Amore di Dio il vero significato di una semantica cristiana dell’arte .
 
 
Carlo Sarno
 

Appendice :

 

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1° nota - LETTERA AGLI ARTISTI di Papa Giovanni Paolo II
La Chiesa ha bisogno dell'arte
12. Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell'arte. Essa deve, infatti, rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell'invisibile, di Dio. Deve dunque trasferire in formule significative ciò che è in se stesso ineffabile. Ora, l'arte ha una capacità tutta sua di cogliere l'uno o l'altro aspetto del messaggio traducendolo in colori, forme, suoni che assecondano l'intuizione di chi guarda o ascolta. E questo senza privare il messaggio stesso del suo valore trascendente e del suo alone di mistero….
14. Con questa Lettera mi rivolgo a voi, artisti del mondo intero, per confermarvi la mia stima e per contribuire al riannodarsi di una più proficua cooperazione tra l'arte e la Chiesa. Il mio è un invito a riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l'arte nelle sue più nobili forme espressive. E in questa prospettiva che io faccio appello a voi, artisti della parola scritta e orale, del teatro e della musica, delle arti plastiche e delle più moderne tecnologie di comunicazione. Faccio appello specialmente a voi, artisti cristiani: a ciascuno vorrei ricordare che l'alleanza stretta da sempre tra Vangelo ed arte, al di là delle esigenze funzionali, implica l'invito a penetrare con intuizione creativa nel mistero del Dio incarnato e, al contempo, nel mistero dell'uomo.
Ogni essere umano, in un certo senso, è sconosciuto a se stesso. Gesù Cristo non soltanto rivela Dio, ma « svela pienamente l'uomo all'uomo ».(23) In Cristo Dio ha riconciliato a sé il mondo. Tutti i credenti sono chiamati a rendere questa testimonianza; ma tocca a voi, uomini e donne che avete dedicato all'arte la vostra vita, dire con la ricchezza della vostra genialità che in Cristo il mondo è redento: è redento l'uomo, è redento il corpo umano, è redenta l'intera creazione, di cui san Paolo ha scritto che « attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio » (Rm 8,19). Essa aspetta la rivelazione dei figli di Dio anche mediante l'arte e nell'arte. E questo il vostro compito. A contatto con le opere d'arte, l'umanità di tutti i tempi — anche quella di oggi — aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino.

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2° nota - Definizione di ESCATOLOGIA :
discorso sulle ultime cose, ogni dottrina che riguardi il destino finale dell’uomo e dell’universo.


BIBLIOGRAFIA :
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AA.VV. , L'Arte Sacra in Italia negli ultimi cinquant'anni. Atti del convegno, Edizioni Staurós , S. Gabriele - TE, 1995.
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BERNARD CHARLES ANDRE', Teologia simbolica, Ed. Paoline, Roma, 1984.
EVDOKIMOV P. N., L'uomo icona di Cristo, Ancora, Milano, 1982.
EVDOKIMOV PAVEL NIKOLAJEVIC, Teologia della Bellezza, l'arte dell'icona, Ed. San Paolo, Torino, 1990.
HUNTER I.M.L. , La Memoria, Feltrinelli, Milano, 1983.
KUBLER GEORGE, La forma del tempo, Einaudi, Torino, 1976.
LEONCINI GIOVANNI, La Sofferenza nelle Arti Figurative, articolo pubblicato nella sezione documenti del sito www.camillianum.com
LIA PIERLUIGI , Dire Dio con arte, un approccio teologico al linguaggio artistico, Ancora, Milano, 2003.
MARTINI CARLO MARIA, Quale bellezza salverà il mondo ?, Centro Ambrosiano , Milano , 1999.
MORELLI ROSA, Teologia delle icone e la Trinità di Masaccio (Ipotesi di lettura per una teologia della visione), Edizioni Segno, MI, 2008.
MORELLI ROSA, La Trinità Angelica (Ipotesi di lettura per una teologia della visione), Ed. Segno, MI, 2009.
PLAZAOLA, Arte Cristiana nel tempo (2 vol.), San Paolo, Milano, 2001.
RIVA MARIA GLORIA, Nell'arte lo stupore di una presenza, San Paolo, Milano, 2004.
SARNO CARLO, Arte , tempo e simulazione, STE Edizioni, Napoli, 1989.
SARNO CARLO, La vita come arte sovrastorica, STE Edizioni, Napoli, 1989.
SARNO CARLO, Per una definizione di Arte Cristiana, Campania Bella editore, Cava de' Tirreni, 2008.
WUNENBURGER JEAN-JACQUES, Filosofia delle immagini, Einaudi, Torino, 1999.






FONTE : la Relazione "Linguaggio Artistico e Tempo Escatologico" è stata  presentata dal Cav. Arch. Carlo Sarno al Convegno di Arte e Teologia " La Lingua la Memoria l'Immagine " ,  a cura della prof.ssa Rosa Morelli e della dott.ssa Claudia Picazio,  presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "San Roberto Bellarmino"  svoltosi  a Capua il 12-13 aprile 2010.
















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