lunedì 16 marzo 2020

L'UOMO SOVRASTORICO (parte I°), di Carlo Sarno




Carlo Sarno

L'UOMO  SOVRASTORICO





La " Trilogia Sovrastorica " tratta delle modalità di ingresso del paradigma sovrastorico nella cultura scientifica e artistica contemporanea .
" L'Uomo Sovrastorico " è un romanzo ove si applicano i concetti espressi nel primo volume della Trilogia Sovrastorica ed in cui si delinea con originalità una nuova immagine dell'essere umano come essere sovrastorico , innestato nella realtà quotidiana ma guidato dalla sua condizione interiore sovratemporale .
Carlo Sarno , 1989



---------------------------------------------------------------------------



Sommario



PARTE PRIMA
Capitolo I - L'isola bianca
Capitolo II - Sun-Junior e Jeune-Aurore
Capitolo III - L'incontro
Capitolo IV - La notte
Capitolo V - Un giorno diverso
Capitolo VI - Gli impegni
Capitolo VII - ' Proviamo insieme '
Capitolo VIII - Prudenza
Capitolo IX - Primi contrasti
Capitolo X - Amore-odio


PARTE SECONDA
Capitolo XI - Un mondo incantato
Capitolo XII - Il viaggio
Capitolo XIII - Il villaggio dei sogni
Capitolo XIV - La cascata
Capitolo XV - Il labirinto
Capitolo XVI - Le spade
Capitolo XVII - Forze magnetiche
Capitolo XVIII - La falsità prevale
Capitolo XIX - Il deserto
Capitolo XX - La verità vince


PARTE TERZA
Capitolo XXI - Un muro di luce disegna !
Capitolo XXII - Pittura , poesia , scienza
Capitolo XXIII - Precetti della pittura
Capitolo XXIV - " Dei vari accidenti e movimenti dell'uomo e proporzioni di membra "
Capitolo XXV - " Dei panni e modo di vestir le figure con grazia e degli abiti e nature dei panni "
Capitolo XXVI - " Dell'ombra e lume , e della prospettiva "
Capitolo XXVII - " Degli alberi e delle verdure "
Capitolo XXVIII - " Dei nuvoli "
Capitolo XXIX - " Dell'orizzonte "
Capitolo XXX - Un triangolo di altezza infinita



-----------------------------------------------------------------------------



"...Questi algoritmi del cuore , o come si dice , dell'inconscio , sono , tuttavia , codificati e organizzati in modo affatto diverso dagli algoritmi del linguaggio . E poiché una gran parte del pensiero conscio è strutturata nei termini della logica del linguaggio , gli algoritmi dell'inconscio sono doppiamente inaccessibili . Non si tratta solo del fatto che la mente cosciente ha difficile accesso a questa materia , ma anche che quando tale accesso è ottenuto , ad esempio nei sogni , nell'arte , nella poesia , nella religione , nella ebbrezza e simili , resta ancora un formidabile problema di traduzione..."
Gregory Bateson



****************************************************************************



PARTE  PRIMA





CAPITOLO I

L'Isola Bianca




Una luminosità crescente si espandeva invadendo la distesa infinita , alla quale riflessi iridiaci celavano profondi silenzi e varietà nascoste .
La quiete apparente tremava con singhiozzi perduti . Tutto sembrava attendere l'apparizione di qualcosa... ma che cosa ?...
Certo , si poteva sempre chiedere a qualcuno che cosa fosse , cosa significasse quella situazione , ma , dove trovare questo qualcuno ?...
A chi rivolgersi nell'orizzonte visibile ?... Non restava che aspettare l'esito di quel lievissimo mormorio .
Il vento non dava segni di vita , sembrava quasi che fosse stato risucchiato da qualcosa ma , anche stavolta , ritornava la domanda inquietante : da chi ?... da che cosa ?...
Da quando avvenne tutto ciò passò molto tempo , ma non saprei dire quanto . L'attesa è sempre relativa : dipende dal sentimento che l'anima , dalla fede , dalla speranza , da tutto ciò che avviene nell'intervallo di tempo . A volte il tempo sembra che si arresti che non passi mai, e questo accade quando pochi eventi, accadimenti, impegnano la nostra esistenza lasciando vuoti incolmati. Altre volte, invece,l'attività frenetica soffoca le nostre sensazioni temporali. Il flusso della coscienza regola soggettivamente la durata del tempo..
Poi, in modo imprevedibile, qualcosa si mosse. Sentii dentro di me la pressione sanguigna salire vertiginosamente, gli occhi spalancarsi, il sistema simpatico attivare tutte le ghiandole e un flusso energetico attraversare i meandri del mio corpo materiale. Il calore provocato da tale tensione impegnò freneticamente le cellule cutanee nella funzione della sudorazione.
Non riuscii a trovare una posizione comoda. Fu tremendo: la posizione sembra una cosa insignificante e, invece, allora capii come fosse fastidioso per noi esseri umani trovare una giusta postura.
In qualsiasi momeno, istante, dobbiamo pensare al nostro assetto nello spazio. Due piedi a terra e due braccia in alto; oppure un piede a terra, un piede in alto e le due braccia in alto; oppure due braccia per terra e due piedi in alto; oppure... seduti... oppure... sdraiati.. e questo è niente. Si pensi che ogni posizione è connessa con uno stato psichico, emotivo e che, inoltre, l'inconscio è costituito da diversi livelli di realtà che richiedono altrettante posizioni.
Spesso sorgono conflittualità tra alcune posizioni richieste da determinati livelli di realtà e altre posizioni richieste da altri livelli di realtà. Un esempio semplice di tale complessità lo si può riscontrare nel viso, il "sistema inquieto" per eccellenza.
Perchè "sistema inquieto"? Basta vedersi allo specchio riflettendoci un po' sopra per comprenderlo. Sul volto si legge la compresenza di tutti i livelli di realtà, di tutti i ostri stati psichici. L'aspetto del nostro viso è il risultato delle conflittualità interiori, raramente notiamo che abbiamo un volto completamente disteso, e ciò avviene soltanto quando tutti i nostri sati psichici sono in sintonia, armonizzati tra loro...
Intanto... la superficie increspata si estendeva intorno a me illimitatamente. Il vento soffiava pigramente rinfrescando dolcemente l'aria.
Dalle acque sorse prima una bollicina, poi una seconda, poi, con un ritmo sempre più veloce, si susseguirono rapidamente diverse apparizioni di bollicine fino a quando l'acqua iniziò a biancheggiare. La temperatura marina aumentò gradatamente mentre, contemporaneamente, il liquido perse la sua trasparenza.
Che cosa stava provocando questo scombussolamento dell'ordine? Fissai il mio sguardo dove ipotizzai che ci fosse il cento della causa del fenomeno, supponendo che nulla nasceva a caso e che ci doveva essere una motivazione. Il tempo di attesa funzionò da microscopio ed ebbi quasi la sensazione che la maggiore concentrazione amplificasse le mie capacità visive, congiungendo l'intimità della mia coscienza con la cupa profondità degli abissi.
Mi girai intorno per vedere se era possibile scorgere qualcosa non al di sotto ma al di sopra della superficie del liquido. Nuvole stratificae poste a grande altezza velavano leggermente l'azzurro del cielo riflettendo una luce diafana e irreale.
Fissai di nuovo lo sguardo nel mare e compresi la causa delle bollicine: era il calore che aumentando portava all'ebollizione e quindi all'evaporazione l'acqua. Pensai allora ad una sorgente sottomarina molto calda che avesse proprio lì, davanti a me, la conclusione del suo tragitto. Ma, ben presto, dovetti ricredermi.
Il vapore esalato aumentò progressivamente e suoni profondi, cupi rumori, brontolii tenebrosi si propagarono sempre più superbamente.
Il fumo oscurò il cielo e l'aria divenne irrespirabile. Il colore del mare divenne nero ed io fui quasi sul punto di andarmene. Pensai che non valeva la pena di rischiare per qualcosa che non si conosceva, che era meglio abbandonare quel luogo che sempre più stava diventando ostile e sgradevole ai sensi: ma la curiosità prevalse su ogni sentimento ed emozione.
Esistono due tipi di curiosità: una prima curiosità ha carattere superficiale ed è facile riscontrarla quotidianamente; la seconda la si può definire una curiosità scientifica poichè si avvale di un discernimento sistematico e rigoroso. Sicuramente la curiosità che mi trattenne fu del secondo tipo, benchè avallata da una grande carica emotiva.
Mentre riflettevo, il sistema ambientale mutò i suoi parametri cromatici e dalla luminosità solare si passò ad una atmosfera lunare. Tale cambiamento ridusse notevolmente le mie capacità visivo-sensoriali ma amplificò in modo considerevole il senso dell'olfatto e dell'udito.
Gironzolando intorno alla soregente di vapore, che soprannominai amichevolmente "geyser-fantasma", fiutai diversi odori di gas anzi ad un crto punto, mi misi a ridere involontariamente dal che dedussi che doveva trattarsi di gas esilarante, ossidulo di azoto che provoca nell'uomo un senso di ebbrezza.
I suoni ed i rumori che dapprima avevo ritenuto privi di significato, man mano che prestai maggiore attenzione, rivelarono un ritmo continuo ed ordinato. Immaginai allora delle grandi masse di materia vischiosa che, avvolgendosi tra di loro, davano origine nella loro caduta ad un suono di danza lento e solenne.
Ormai avevo deciso di attendere l'evento pazientemente. Mi affrettai a trovrami una posizione comoda, respirari lungamente, aprii lo scrigno dei miei pensieri e fissai i miei occhi nel cielo stellato ove le costellazioni dello zodiaco sembravano rincorrersi allegramente, in un viaggio senza fine.
Restai così molto tempo con la speranza del ritorno della luce. Quando abbassai lo sguardo sulla superficie generata dall'acqua notai che dalla direzione del fondo del mare proveniva un debole barlume rossastro. Rivolsi tutta la mia attenzione al punto da cui proveniva il bagliore ma, malgrado i miei sforzi, non riuscii a distinguere niente. Nacque allora l'idea di tuffarmi per avvicinarmi allo strano fenomeno; per fortuna che ebbi l'accortezza di immergere dapprima la mano nel liquido per sondare la temperatura: poco mancò che ne riportassi una scottatura.
Avevo da poco rinunciato ai miei propositi di "cottura", quando mi trovai ad assistere ad uno dei più sconvolgenti e meravigliosi fenomeni della natura.
L'acqua sembrò impazzire, il ribollire dell'acqua divenne frenetico, caotico, terrificante. Che stia per apparire un mostro marino, un sopravvissuto dell'epoca dei dinosauri? Mi accorsi che nel frattempo la macchia rossastra aumentava paurosamente le sue dimensioni e che l'irradiazione luminosa presentava indizi di incandescenza.
Nella tenue luce lunare credetti che le porte dell'inferno fossero sul punto di aprirsi. Un primo sussulto dal basso fu subito seguito da una gigantesca onda marina. Ben presto il susseguirsi delle scosse provocò un tremendo maremoto.
Un vento caldo iniziò a soffiare incessantemente riscaldando la mia pelle sudata. L'acqua bollente bruciò qualsiasi cosa fosse alla portata della vista.
Da un vortice di fumi e vapori emerse un qualcosa di simile ad un respiro di una persona incollerita. Che le forze della natura abbiano deciso di mostrarmi la loro potenza e la loro schiacciante superiorità? Non mi scomposi nè mi alterai minimamente a quello che ormai paragonavo allo scoppio d'ira di un'amante gelosa.
Perlustrai con cura l'area interessata da tale sconvolgimento e attesi il prosieguo della vicenda. 
La montagna d'acqua e vapori si trasformò in un fuoco di artificio provocato dai bolidi magmatici fuoriuscenti dalla massa incandescente di materia fusa proveniente dal centro della terra. Fragori, frastuoni, fruscii, fischi, rombi, rimbombi, scricchiolii costituivano le note di quel concerto terrificante.
Era come sentire parlare in un linguaggio confuso, aspro, basso, crudo, duro, forte, ingrato, rauco, roco, sgradevole, sordo, tonitruante.
Mi ricordai allora, tra un rumore e l'altro, di un'antica leggenda maori, proveniente dai primi abitanti dell'odierna Nuova Zelanda che narrava di un'Isola Bianca sorta dalle acque, emersa tra vapori, ritenuta la sorgente del fuoco e per analogia la sede dell'amore.
Ma... quante sono le isole bianche che la storia della civiltà ha visto nascere? Quanti gli affetti che hanno ravvivato la fiamma dell'amore? Quanti di noi hanno vissuto l'esperienza della sorgente del fuoco che dà origine all'Isola Bianca?
Eppure oggi noi ci chiediamo: come mai a quest'isola fu dato l'attributo di "bianca" quando invece a chiunque ha la possibilità di vederla da vicino si presenta come un deserto di rocce irsute e scabre circondato dal mare e da cui fuoriescono caldi vapori?
Non c'è niente da fare. L'immaginazione dell'uomo allorchè risulta esaltata dalla passione deforma l'aspetto reale idealizzando ciò che si presenta semplice e naturale.
Comunque da quando l'uomo, dopo aver assistito alla nascita dell'isola bianca, si avvicinò a quello che possiamo chiamare un vulcano attivo e quando, una volta raffreddatasi la superficie dell'isola, sbarcò su di essa, quel deserto di rocce gli apparve come il miglior luogo per la visione dell'infinito.
Fu così che l'essere umano si insediò sull'Isola Bianca ed ancora oggi vi abita, adagiato tra rocce, con lo sguardo immerso nella profondità della luce.






CAPITOLO II

Sun-Junior e Jeune-Aurore




- Ahh... questo tempo non basta mai!!!... - esclamò Sun-Junior.
- Per forza! - ribattè Aiace - Tu vuoi sempre fare più cose di quanto ti sia consentito.
- Aiace, proprio tu mi dici questo, tu che allorché stai in "campo" non ti dai tregua fino a quando non hai superato dieci volte la possibilità di un essere umano!
- Hhhuumm... comunque Sun-Junior non ti lamentare, a me hanno sempre dato fastidio le persone che si lagnano.
- Va be'... adesso basta con le chiacchiere inutili ed ascolta i miei programmi di lavoro per i prossimi mesi.
Gli occhi di Sun-Junior brillarono con tanti riflessi significativi, alcuni dei quali chiaramente indicavano una buona dose di presunzione ed ambizione, accompagnata da un simpatico ottimismo. Dato che l'esposizione  dei programmi non dava segni di conclusione, Aiace interruppe l'amico con un espediente.
- Che ne diresti di una tazza di caffè?
- Si, hai ragione - rispose Sun-Junior - meglio continuare il discorso seduti comodamente ad un bar.
Avevano appena scelto la direzione per recarsi al locale più vicino quando Sun-Junior inciampò sul selciato della strada. Subito si rialzò, tra le risate preoccupate dell'amico, chiedendosi che sigificato avesse quella caduta. Poi lasciò perdere per interessarsi di una bella ragazza che lo guardava in modo innocente. Forse la caduta era stata buffa per la signorina.
Per strada si fermarono ad una bancarella che vendeva camicie. Aiace,data la sua conformazione robusta, cercò invano una taglia giusta. Sun-Junior invece chiese al venditore, dopo aver scelto il tipo di camicia, una taglia adatta. Specificò che preferiva stare "largo", libero nei movimenti. Acquistò la camicia sulla fiducia del buon consiglio del commerciante. Aveva qualche dubbio, ma pensò che una volta a casa se la sarebbe misurata e nel caso non gli andava gliela avrebbe riportata. Sun-Junior aveva sempre avuto una inclinazione per le bancarelle, perchè pensava che acquistando da esse aiutava la povera gente.
- Questo caffé è proprio buono - affermò Aiace.
- Dici sempre così.
- No, stavolta per davvero.
- Ma che significato ha il caffé?
- Dipende dalle situazioni.
- Oggi... per meeee... Aiace mi sono dimenticato quello che volevo dire... forse questo sta ad indicare che il caffé equivale al niente.
- Guarda!... sta venendo la tua amica Angelica, sempre piena di alti sentimenti.
- Ciao Angelica, ti vedo indaffarata forse hai bisogno di aiuto? Io e Aiace possiamo venire anche subito.
- Troppo gentili, ma si tratta soltanto che debbo andare a prendere mia cugina alla stazione e sto già in ritardo. Vi saluto, ciao.
Il suo vestito giallo con uno scialle vaporoso multicolorato apparve ai due amici come una cometa che avvicinatasi, subito volse le sue vele ad altri lidi.
Allora Sun-Junior? - esclamò Aiace guardandolo perplesso comedi chi chiede tutto e non chiede niente. - Che dobbiamo fare? - aggiunse, e intanto si girava intorno con aria distratta.
Passò qualche minuto prima che rispondesse Sun-Junior. La giornata era calda assolata. I passanti sembravano trascinati da una inerzia stregata. Il traffico delle macchine mostrava chiaramente la stupidaggine e la scorrettezza dell'uomo. Il brulichìo caotico generale che li circondava trovava la sua unità solo nel cielo azzurro che sovrastava solenne e placido.
- Ora io me ne vado a studiare - rispose Sun-Junior - ho molte cose da organizzare per quanto riguarda l'esposizione di macchine del mese prossimo, ed ancora non ho concluso il progetto di un nuovo tipo di sistema automatizzato da applicare sui nostri prodotti.
- Allora Sun-Junior ti saluto - disse Aiace - stasera ho da fare la seduta di allenamento e non vorrei arrivare tardi, dato che ho altri servizi da fare per il mio capo.
- Ciao Aiace, ci vediamo domani - concluse Sun-Junior.
Aiace si alzò di scatto dalla sedia come era suo solito e si allontanò velocemente. Al contrario Sun-Junior restò seduto ancora un po' con il presentimento che stando a quel posto sarebbe riuscito a trovare una persona conosciuta con cui avviarsi verso casa.
Era trascorso breve tempo, quando si vide venire incontro la sua cara amica Andromaca.
Andromaca era una ragazza affascinante, il cui destino aveva messo a dura prova le sue capacità di sopravvivenza. Dopo aver subitoun travaglio familiare notevole, era riuscita con sacrifici ad ottenere un diploma ed una prima occupazione che le consentiva di avere una certa disponibilità economica.
- Salve Sun-Junior - disse Andromaca. - Sempre intento ad organizzare attività e ad approfondire le tue conoscenze?
- Tu lo sai meglio di me che oggi com'è il mondo se non si è efficienti e non ci si aggiorna si soccombe. Siediti, ora proprio ho finito di prendere un caffé con Aiace.
- Un caffé con questo caldo! - ribattè Andromaca - quello che ci vuole è un gelato, altro che caffé.
- Allora posso offrirti un gelato? - chiese Sun-Junior.
- Si grazie, ne ho proprio bisogno - rispose Andromaca.
Andromaca preferì il gusto al limone, perché pensava che le vitamine e le proprietà medicamentose di questo fossero un buon argomento per preferirlo ad altri sapori. Poi Sun-Junior e Andromaca si alzarono e proseguirono insieme per un certo tratto di strada. Parlarono del più e del meno: di politica, di vestiti, di gastronomia anche un poco del loro futuro, infine si separarono sorridendo.
Come giunse a casa Sun-Junior fece una serie di telefonate a diverse industrie e imprese, per organizzare insieme una serie di cose per l'esposizione e per il lancio del suo nuovo progetto di sistema automatizzato.
Dopo un'ora che era stato bloccato al telefono, finalmente potè avvicinarsi alla sua biblioteca privata. Sun-Junior leggeva di tutto: dalla poesia alla filosofia, dalla geografia alla chimica. Il suo obiettivo era di perseguire un sapere enciclopedico. Sfogliava inoltre qualsiasi tipo di giornale, rivista, dallo sport all'economia. Aveva sempre delle idee, delle novità, delle riflessioni personali da comunicare ad altri o da utilizzare nelle sue attività.
Quel giorno, come tanti altri, Sun-junior lavorò fino a tardi, poi si cucinò qualcosa velocemente, riorganizzò le idee per il giorno dopo e si addormentò contento di aver ben utilizzato la giornata.

Jeune-Aurore era una ragazza sicura di sé, affascinante arrivista e dotata di una intelligenza acuta e pronta. Strumentalizzare una persona per conseguire i suoi scopi era per lei abituale. Le qualità che la rendevano simpatica e ricercata erano la sua magnanimità e la sua loquacità.
A chi aveva l'opportunità di conoscerla per un periodo abbastanza lungo di tempo, risaltava pienamente il suo carattere estremamente complicato e nascosto.
Jeune-Aurore aveva un'unica ossessione: quella di pensare sempre a cosa pensava la gente di qualsiasi cosa lei faceva o diceva. A tale fissazione, ovviamente, si contrapponeva un gran desiderio di rompere con la tradizione, con le convenzioni, e fuggire via lontano da tutte queste falsità alla ricerca della verità dei suoi sogni.
Ma voler tentare di definire Jeune-Aurore equivale al tentativo di fare un buco nell'acqua.
- Perché stasera non andiamo a vedere i negozi lungo il corso principale - disse Jeune-Aurore alla sua amica Brunilde.
- L'idea non è male e poi può darsi che incontriamo quei due ragazzi simpatici che abbiamo conosciuto in discoteca sabato scorso - rispose Brunilde.
- Si, sono interessanti quei due, ma non ti credere che sono il mio tipo.
- E qual'è il tuo tipo?
- Boh... non lo so, però quei due non lo sono.
- Guarda che i principi azzurri esistono solo nelle fiabe - ammonì Brunilde con aria da saccente.
L'estrema sensibilità di Jeune-Aurore avvertì un tono antipatico e, data la sua impulsività, non potè fare a meno di rispondere acremente.
- Solo una ragazza senza cuore può dire una tale assurdità!
Brunilde si girò di scatto, rispondendo in modo tagliente.
- Fammelo conoscere il tuo Romeo, o non lo hai ancora trovato? O esiste solo nei tuoi sogni?
- Brunilde... - urlò Jeune-Aurore - una ragazza acida come te non può fare altro che rimanere zitella.
- Zitella io? -disse Brunilde. - Io intanto già ho avuto tre fidanzati e quando passeggio i ragazzi mi guardano con occhi vogliosi; tu invece, con il tuo romanticismo e idealismo, con la tua pignoleria, non sei stata capace di trovarti un fidanzato eppure porti le gonne corte.
- Ma che c'entrano le gonne corte? - rispose Jeune-Aurore.
- C'entrano - ribadì Brunilde - perchè se non fosse per il tuo carattere e la tua scontrosità ora avresti sicuramente un bel ragazzo al tuo fianco.
- Lo sai Brunilde che io credo al vero amore e non voglio sporcare questo mio sentimento, quando lo incontrerò te lo farò conoscere.
- E secondo te - disse Brunilde - quando lo incontrerai quel principe azzurro non se ne scappa disgustato e infastidito?
Jeune-Aurore riflettè un momento: pensò che, giunta a quel punto la discussione, se avessero continuato avrebbero litigato sicuramente guastando la serata e, così, non avrebbero visto quei due simpatici ragazzi della discoteca; pertanto decise di troncare rapidamente la discussione.
- Adesso basta Brunilde, usciamo e divertiamoci, ti offro un gelato.
Brunilde capì a volo, e concluse: - Va bene, ma non finisce qui, continueremo la prossima volta.
Uscirono d'accordo perchè entrambe volevano incontrare le persone conosciute alla discoteca, ma la serata fu magra. per tale motivo prima di lasciarsi litigarono e si ripromisero di non uscire più insoeme. Ma tutto questo era consuetudine.
Tornata a casa, Jeune-Aurore che era studentessa di economia e commercio prese a leggere alcuni libri per gli esami che doveva sostenere, lesse alcuni articoli sui movimenti femminili per i diritti della donna, telefonò ad un suo amico, Amleto, per discutere sull'organizzazione di una mostra-spettacolo sulla cultura artigianale della sua regione.
Si addormentò pensando ad una frase tratta da un dramma di William Shakespeare: "Datemi l'uomo che non è schiavo della passione, ed io lo terrò nell'intimo del cuore" e a chi sarebbe stato il suo principe azzurro.




CAPITOLO III

L'incontro





Quella mattina Sun-Junior uscì più presto del solito. Il caldo non l'aveva fatto dormire e gran parte della notte era restato alzato leggendo alcuni versi dell'Odissea. Prese ad un bar una cioccolata che ritenne veramente speciale, complimentandosi con il barista, e telefonò all'amico Aiace per fissare una riunione con gli organizzatori dell'esposizione artigianale regionale, sulla cui attività Sun-Junior avrebbe dovuto scrivere un articolo. Aiace, infatti, lo aveva pregato di aiutarlo a pubblicizzare la manifestazione proposta da un gruppo di suoi amici.
- Pronto Aiace, stai ancora dormendo?
- Sun-Junior nemmeno la mattina mi lasci in pace!
- Come? Io mi interesso di divulgare l'importanza della mostra allestita dai tuoi amici e, mentre io sto sveglio, tu ti riposi comodamente.
- Non è certo alle sette di mattina che si può proclamare l'inizio della manifestazione!
- Certo Aiace, però è la mattina presto che la mente è adatta ad organizzare le cose che poi si faranno durante la giornata.
- Allora Sun-Junior, a che ora vogliamo fissare l'appuntamento con i miei amici?
- Io direi nel tardo pomeriggio, perchè ho da sbrigare alcune faccende.
- Va bene, facciamo verso le sette davanti il centro sociale: chi arriva prima aspetta. Avviserò anche gli altri. Ahh... dimenticavo, la prossima volta che mi telefoni a quest'ora avvertimi prima.
- Aiace!... la vita è così breve, più si dorme e più non si vive. Ciao, ci vediamo stasera.
Mentre Sun-Junior stava per rincasare  incontrò Marko Kraljevic, un suo amico serbo che ora si trovava impegnato in delle questioni politiche bulgare.
Marko Kraljevic era un uomo orgoglioso, leale, risoluto, sempre volto alla giustizia e al far prevalere la causa da lui ritenuta più giusta. Le sue idee politiche erano capaci di fargli dimenticare qualsiasi sentimento o affetto allorché si trattava di discutere quale fosse l'ideologia migliore.
- Ueehh!.. Sun-Junior... quanto tempo che non ci vediamo... che stai facendo?
- Guarda guarda chi si rivede... il mio vecchio amico Marko. Ti ricordi quando a quella conferenza ci trovammo dalla stessa parte a lottare contro tutti li altri, noi due soli e tutto il pubblico contro, per sostenere la proposta di un'ecologia automatizzata?
- Ne è passato di tempo... quasi due anni. Eppure sembra ieri.
- Oggi Marko sei invitato a pranzo da me. A cucinare me la cavo abbastanza, solo che debbo fare un po' di rifornimento: mi sembra che la pasta sia finita.
- Non ti preoccupare Sun-Junior, per me va bene anche un panino.
- E sai cosa faccio?... invito anche il nostro amico Karl Marx ed il suo compagno Federico Engels, che da poco sono tornati dal Belgio, dove hanno redatto un "manifesto" che è divenuto molto famoso.
- E la cara Angelica, che fine ha fatto?
- Angelica, da quando si è fidanzata con Medoro, è imprendibile. Va sempre di corsa, sempre indaffarata, come se scappasse da qualcuno; comunque è sempre molto simpatica.
- E Andromaca?
- Andromaca, se ti fa piacere, cercherò di farla venire, anche se i suoi impegni possono bloccarla. Allora Marko ci vediamo alle dodici e trenta a casa mia, così festeggiamo la tua rimpatriata.
- Ciao Sun-Junior, a più tardi.
Per strada Sun-Junior si fermò in un negozio che svolgeva anche l'attività di assistenza radio e televisione, per chiedere ad un tecnico se si poteva aggiustare il suo video-registratore. poi, prese la macchina e si recò presso un'industria per trattare alcune questioni di lavoro. Al dirigente dell'industria chiese di poter fare alcune telefonate. Avvisò prima di tutto i suoi amici dell'arrivo di Marko e li invitò a pranzo. Telefonò anche al salumiere per ordinare la spesa. Infine, ritornò velocemente a casa e per le dodici era già in cucina a preparare le pietanze.
Arrivarono gli invitati, il pranzo fu gradito, la discussione fu molto viva ed allegra, e per le quattro del pomeriggio la "seduta" era sciolta. Sun-Junior decise di riposarsi un po', prima di recarsi all'appuntamento con gli amici di Aiace.

- Pronto!... Jeune-Aurore sono Aiace.
- Che novità ci sono?
- Ho fissato l'appuntamento con quel mio amico che ha conoscenze e che potrà pubblicizzare la nostra mostra sull'artigianato.
- E in che modo potrà farlo?
- Questo mio amico scrive articoli su diversi gornali e riviste, è bravo e potrà aiutarci.
- Aiace, ma non era meglio se facevamo tutto da soli senza far entrare altre persone?
- Non ti preoccupare, questa è l'unica eccezione.
- Ed a che ora è il rendez-vous?
- Alle sette, davanti il centro sociale.
- Allora bisogna avvisare anche gli altri, speriamo che non sono impegnati. Era meglio se ci avvertivi un giorno prima.
- Non preoccuparti. Athos, Porthos e Aramis mi hanno già detto che vengono. Aspetto la conferma da Brunilde, Crimilde, Gunther e Sigfrido. Avvisa tu Bruto e Cassio.
- Okay, a stasera.

Sun-Junior uscì di casa verso le sei, ancora pensando alla discussione avuta a pranzo con Marko e gli altri. Su alcune questioni avrebbe voluto insistere maggiormente, spiegare megliole sue congetture e le sue affermazioni. Pensava che forse era stato impreciso e si riprometteva che da quel momento avrebbe cercato sempre di essere preciso e chiaro nella sua esposizione.
Il centro sociale era un edificio moderno che accoglieva in sé diversi uffici amministrativi comunali, alcune sale per riunioni di varie dimensioni, diversi locali pluriuso, una biblioteca, una sala per concerti, un parco giochi per bambini, bar, discoteca, ristorante, una serie di negozi. Grandi e piccoli frequentavano quotidianamente quel luogo.
Sun-Junior dopo aver fatto un giro per la città, si fermò davanti l'ingresso del centro sociale. Era in anticipo. Acquistò allora dal giornalaio una rivista di fotografia e iniziò a sfogliarla. Non era solito comprare tale tipo di rivista e per tale motivo era molto incuriosito.
Anche Jeune-Aurore arrivò in anticipo, ma non conoscendo Sun-Junior da principio non gli dette importanza. Poi anche lei decise di acquistare una rivista e, poichè era appassionata di fotografia e seguiva con attenzione il mondo della "camera oscura", chiese al giornalaio la stessa rivista. Il giornalaio si scusò dicendo che l'ultimo numero disponibile era stato prelevato poco fa da una persona, additò Sun-Junior e aggiunse: - Se proprio le interessa può chiedere a quel giovane se gliela può prestare un momentino.
Jeune-Aurore, visto che anche quella persona sembrava attendere qualcuno davanti il centro sociale, e non immaginando assolutamente che quello fosse l'amico così tanto elogiato da Aiace, dopo averlo squadrato analiticamente decise di seguire il consiglio del giornalaio. Se c'era un articolo interessante, pensava, al limite poteva sempre fotocopiarlo un attimo.
Si avvicinò a Sun-Junior e chiese: - Se non ti dispiace, potresti prestarmi un momentino la rivista per vedere che articoli ci sono? Il giornalaio mi ha detto che le copie sono finite.
Sun-Junior stava per dire no quando, fissandole gli occhi sul viso e scorgendo una strana giocondità in quel volto, non si sentì di rispondere, indeciso tra il si ed il no.
- Solo per un poco - replicò Jeune-Aurore - faccio subito. E gli tolse di mano la rivista.
Non l'avesse mai fatto. L'indecisione di Sun-Junior si tramutò in un sicuro "divieto di accesso", e disse aspramente: - Vado di fretta, non posso prestartela. E si riprese la rivista.
Jeune-Aurore si allontanò disgustata dall'altro lato dell'ingresso, pensando a come possono esistere nel mondo persone così antipatiche. Al contrario Sun-Junior rifletteva sull'invadenza di alcune persone che non hanno alcun rispetto per la proprietà altrui. Il dissidio era iniziato tra i due inconsapevolmente.
A poco a poco arrivarono tutti i componenti del gruppo organizzatore della mostra: mancava solo Aiace. Intanto Jeune-Aurore mentre discuteva con gli amici, lanciava degli sguardi fortuiti verso la persona che gli aveva conteso la rivista.
Giunse Aiace di corsa scusandosi per il lieve ritardo, poi si girò intorno per cercare di scorgere il suo amico. Come lo vide lo chiamò a gran voce da lontano. Sun-Junior ripiegò la rivista e si diresse lentamente verso di lui.
Appena Jeune-Aurore si rese conto che la persona con cui aveva litigato era l'amico di Aiace si sentì un poco imbarazzata ma, ben presto, il suo orgoglio prevalse su ogni sentimento e con sicurezza si preparò a rincontrare l'antipatico sconosciuto
Aiace presentò a Sun-Junior tutti i suoi amici, per ultima apparve Jeune-Aurore.
- E quindi ti chiami Jeune-Aurore, che strano nome - disse Sun-Junior.
- Però il tuo pure è divertente - rispose Jeune-Aurore.
Aiace li interruppe dicendo: - Su, andiamo a prenderci un gelato, offro io, poi andremo in una sala riunioni per discutere sui problemi della esposizione.
Per tutto il tragitto che conduceva al bar e perfino nella scelta dei posti ai tavolini, sapientemente Sun.Junior e Jeune-Aurore fecero di tutto per evitarsi. Il gelato fu una buona idea e sciolse la bocca a tutti.
Si recarono in seguito presso una delle sale per riunioni disponibili nel centro sociale ed intavolarono la discussione. Ben presto sorse un contrasto tra le tesi di Sun-Junior e le premesse di Jeune-Aurore. Jeune-Aurore insisteva che l'artigianato era da intendersi solo per le piccole imprese che producevano senza l'ausilio di macchinari, con l'aiuto di familiari e che avevano alle spalle una lunga tradizione. Sun-Junior al contrario ammetteva come artigianato anche quelle piccole imprese che, servendosi di determinati macchinari e con l'aiuto di un certo numero di dipendenti, si erano adeguate alle nuove necessità pur conservando una loro caratteristica originalità ed un tono paricolare alla loro produzione.
- Ma come l'intendi tu - disse Sun-Junior a Jeanne-Aurore - tutti i nuovi artigiani non esistono, tutti i nuovi manufatti non sono da considerarsi. Tu neghi la creatività dei nuovi artigiani.
- Per me gli artigiani sono coloro che hanno una tradizione alle spalle e che di solito lavorano ancora oggi in botteghe.
- Mi dispiace, ma la mostra dell'artigianato se la intendi solo in tale maniera parziale risulterà necessariamente manchevole, presentando larghi vuoti per quanto riguarda le opere dei nuovi artigiani. Sarà una mostra storico-filologica, non in grado di trasmettere e mostrare il significato delle nuove forze locali che coinvolgeranno il nostro prossimo futuro.
Passarono alcune ore, poi Aiace decise di sospendere la riunione. Comunque Sun-Junior promise agli amici che si sarebbe impegnato per divulgare il programma della mostra, pur conservando alcune riserve per quanto era attinente al settore da destinare alle nuove forze e speranze dell'artigianato.




CAPITOLO IV

La notte




Sun-Junior ritornò a casapensando agli avvenimenti della giornata. Avrebbe voluto ricordare le frasi della discussione con Marko ma, altre parole, altre espressioni gli saltavano nella mente: erano le frasi di Jeune-Aurore. In un primo momento tentò di sottrarsi a quelle divagazioni, poi la curiosità di cercare di comprendere attraverso le parole il carattere della sua nuova amica prevalse.
Chi era Jeune-Aurore? Era già fidanzata? Perchè gli era rimasta così impressa nella mente?
Aprì la porta di casa sperando di trovarla proprio lì, nella sua abitazione, disposta a rispondere ai suoi interrogativi: ma la sorpresa rimase fantasia. Sun-Junior, una volta entrato, si diresse verso lo specchio per vedere che aspetto avesse la sua figura nel modo in cui era vestito. Trovò che in fonfo in fondo era abbastanza attraente.
Prima di coricarsi fece un veloce spuntino con le rimanenze del pranzo e interpellò per alcune questioni di contabilità il suo computer. Sun-Junior subito si addormentò, stanco della faticosa giornata, ma il suo sonno era destinato a durare ben poco.
Erano appena passate due ore da quando si era addormentato allorché si svegliò con addosso una agitazione insolita.
In un primo momento credette che la causa fosse riposta nello spuntino fatto velocemente prima di dormire, però ben presto si avvide che il turbamento era di altra natura: il motivo dell'inquietudine era dovuto all'incontro con Jeune-Aurore. Eppure, si chiedeva, era strano. Si, avevano litigato davanti l'ingresso del centro sociale ma poi era stato tutto normale: avevano discusso da buoni amici e si erano lasciati senza mostrare reciprocamente alcun interesse particolare.
Gli giunsero allora alla mente i personaggi di Tristano e Isotta e, suitaneamente, la coppia leggendaria prese le sue sembianze e quelle di Jeune-Aurore. Sun-Junior si vide ferito, curato dalle arti magiche di Jeune-Aurore. Poi immaginò che avversità li separassero e, quindi, che lui andava alla ricerca di lei. Dopo varie peripezie e avventure, finalmente Sun-Junior si rivide insieme a Jeune-Aurore con una spada luccicante nel mezzo. La spada era l'ultimo ostacolo, un voto da infrangere che però condusse nuovamente alla dissociazione ed alla morte di entrambi per il forzato distacco.
L'ironia nei pensieri di Sun-Junior era tutt'uno con la sua immaginazione. Rideva tra sé pensando a Jeune-Aurore vestita da Isotta con lui nelle veci di Tristano, pronto a liberarla e a morire pur di non tradire il suo amore.
Eppure, al di sotto dell'ironia, ci doveva essere qualcosa di vero. Sun-Junior si rammaricava di essere stato troppo distratt e di non aver fatto caso a tutte quelle cose che indirettamente consentono di comunicare degli stati d'animo profondi. Comunque da come Jeune-Aurore aveva parlato nella riunione ne scaturiva che doveva trattarsi di una ragazza sveglia e attiva. Sun-Junior continuava a chiedersi che cosa gli interessava di lei.
Non riusciva a comprendere che cosa l'aveva colpito di quella ragazza, che cosa gli era rimasto dentro che gli faceva desiderare di rivederla. Non riuscendo ad immaginare quale particolare fosse, pensò che doveva trattarsi dell'aura generale che circondava la figura di Jeune-Aurore: un qualcosa di invisibile capace di ammaliare qualsiasi persona ne venisse a contatto, un fascino nascosto e fatale nel suo comportamento apparentemente ingenuo.
Sun-Junior iniziò a comparare Jeune-Aurore con le sue amiche per cercare di comprenderne le qualità; ma dovette desistere dal suo intento, essendo troppo poco il tempo trascorso insieme per poter conoscere e valutare il carattere di una persona.
A Sun-Junior capitava spesso di infatuarsi subitaneamente per una ragazza, di desiderarla sinceramente, e di mutare con altrettanta sincerità l'obiettivo dei suoi desideri. Sun-Junior era cosciente di questo suo modo di fare e spesso attendeva che passasse un po' di tempo per far si che la sua passione finisse. Solo una volta, fino ad allora, egli aveva creduto di amare veramente, ma, cause avverse impedirono la maturazione di tale sentimento lasciando a Sun-Junior un dubbio irrisolto.
Ed ora ecco Jeune-Aurore: un'altra passione soggetta a finire velocemente? Però non era stato il corpo della ragazza, benchè ben fatto, ad attirare la sua attenzione ma un qualcosa d'altro che Sun-Junior invano tentò di definire. Non potendo più dormire si alzò dal letto e si mise a lavorare al progetto del sistema automatizzato, pensando che facendo passare del tempo il fenomeno Jeune-Aurore avrebbe sicuramente mostrato il suo vero significato. Non restava che attendere che il tempo maturasse il rapporto dando spessore a ciò che per ora risultava ancora semplicemente ambiguo e velato.

Quando Jeune-Aurore rincasò la mamma si accorse che era soprappensiero e le chiese: - Qualcosa non va, forse non vi siete messi d'accordo nella riunione?
Jeune-Aurore rassicurò la mamma dicendo che tutto era andato bene e che l'amico di Aiace era disposto a scrivere degli articoli sulla mostra. Cenò in fretta e si ritirò nella sua camera.
Si guardò allo specchio e si vide in disordine: ma il disordine esteriore era niente in confronto al caos interiore. L'amico di Aiace le piaceva; anzi, pensava proprio di essersene innamorata. Non gli era mai capitato, si sentiva così strana. Avrebbe voluto saltare, ballare, ridere, piangere, gridare ma sapeva che in tale maniera avrebbe preoccupato i suoi genitori; pertanto, viveva interiormente quel trambusto senza aprire bocca, in silenzio.
Jeune-Aurore si ricordava di tutti i particolari dell'abbigliamento di Sun-Junior. Il modo di vestire un po' trasandato faceva trapelare il fatto che si trattava di una persona molto indaffarata e impegnata. Dal vestito Jeune-Aurore passò al volto, agli occi, al naso, alla bocca, ai capelli, analizzando minutamente tutte le sfumature.
Lei stessa si meravigliava di come aveva potuto tenere a mente ed osservare tante cose. Dall'aspetto esteriore rivolse la sua attenzione al tono di voce ed al modo di parlare di Sun-Junior.
La mente di Jeune-Aurore era entrata in una attività tale da far invidia ad un computer sofisticato. Poi, di colpo, abbandonò la sua analisi meticolosa, si svestì e si lasciò andare delicatamente sul letto, immaginando di trovarsi tra le braccia di Sun-Junior.
Le venne allora in mente il dramma di Giulietta e Romeo, e l'intensità dell'amore che Giulietta provò allorché scoprì questo nuovo sentimento. Avrebbe voluto che Sun-Junior fosse sotto il balcone, come Romeo, ad ascoltare i suoi pensieri e le sue ansie.
Jeune-Aurore aveva solo un timore e consisteva nel fatto che molte volte le cose belle finiscono male e tragicamente. Anche Giulietta e Romeo, pensava tra sé, finirono tragicamente malgrado la forza del loro amore. Dunque, bisognava stare attenti e cercare di evitare malintesi.
Jeune-Aurore si scervellava per riuscire ad immaginare in quale maniera si sarebbero rincontrati. Forse avrebbero litigato di nuovo, chissà. Non vedeva l'ora che passasse la notte e già cercava di escogitare un metodo per riuscire ad intrappolare Sun-Junior.
Non doveva sfuggire, ormai aveva deciso che le piaceva e lo desiderava: - Nessuna cosa al mondo - pensava - riuscirà a distogliermi da questo mio proposito: sono pronta a dare tutta me stessa per essere degna di diventare la sua donna.
Il sentimento in Jeune-Aurore era forte ed appassionato. Era pronta ad immergersi in questa avventura. Il rischio gli era sempre andato a genio. Comunque, arguiva, se Sun.Junior si fosse rivelato al di sotto delle sue aspettative lo avrebbe piantato senza pietà. Tutto era disposta a sopportare nella vita ma non un cretino tra i piedi.
Rimase così a rimuginare per tutta la notte con sentimenti contrastanti, mentre dalla finestra un venticello tiepido lambiva la sua morbida pelle.






CAPITOLO V

Un giorno diverso




Quel giorno Sun-Junior aveva da fare tante cose, tanti impegni, ma la notte passata in bianco, forse la stanchezza, molto più probabilmene l'amore sorto, resero la sua psiche svogliata e desiderosa di svago. Decise allora di ciamare Aiace per gironzolare per la città.
- Pronto Aiace... sei sveglio?
- Certo che sono sveglio, se rispondo non sto dormendo!
- Che ne diresti di vederci, così parliamo un poco anche di come organizzare l'articolo. Tu più sai gli argomenti che bisogna evidenziare.
- Mi dispiace Sun-Junior, ma oggi ho degli impegni che mi impediscono di muovermi.
- Però, Aiace, io ho bisogno di alcune indicazioni precise. Si, ieri sera decidemmo grosso modo il da farsi, ma gran parte della discussione degenerò in polemiche a carattere generale.
- Ascolta, se ti va bene lo stesso, io posso anche chiedere a Jeune-Aurore se è disposta a darti le informazioni che cerchi e ad esaminare la diversa importanza degli argomenti da trattare. L'unico ostacolo a questa possibilità è se la mia amica ha da fare qualche esame, comunque tentar non nuoce. La telefono e ti ritelefono con il responso.
Sun-Junior ebbe come l'impressione di essere stato preso in contropiede.
- Pronto Jeune-Aurore... sono Aiace.
- Ciao Aiace... che, vuoi ancora continuare la discussione di ieri sera?
- No, perché tanto tu hai torto.
- Io ho ragione, perchè secondo me il sistema...
- Aspetta! Aspetta!... prima debbo chiederti un piacere. Il mio amico Sun-Junior ha bisogno di informazioni precise sulla mostra, io oggi sono impegnato e non posso e... ho pensato a te come mia sostituta. Allora sei disponibile o devi studiare?
A Jeune-Aurore non parve vero che l'opportunità per rincontrare Sun-Junior fosse giunta così presto ed improvvisa.
- Va bene Aiace, se proprio non puoi spiegherò io al tuo amico i dati che gli interessano. E dove ci dobbiamo incontrare?
- Non lo so, decidi tu e poi io lo riferirò a Sun-Junior.
- Allora tra un'ora davanti il centro sociale. Digli che a me non piace aspettare e che sia puntuale.
- Non ti preoccupare, Sun-Junior è preciso. Ciao.
Aiace ritelefonò subito all'amico avvisandolo dell'appuntamento. Sun-Junior lo salutò augurandogli una proficua giornata.
Jeune-Aurore aveva da preparare due esami che avrebbe dovuto sostenere a breve scadenza, ma il desiderio di rivedere Sun-Junior era più forte del suo senso del dovere. E poi una occasione come questa quando sarebbe ricapitata!
Jeune-Aurore si vestì in fretta in modo sportivo, prese una cartella dove riporre i fogli con le informazioni che servivano e si avviò al luogo dell'appuntamento.
Sun-Junior prima di uscire di casa prese la bussola: aveva il presentimento che gli sarebbe servita. Si ricordò anche della rivista di fotografia che aveva negato a Jeune-Aurore e, dato che non gli interessava, decise di portarsela per regalarla alla sua nuova e interessante amica.
Jeune-Aurore arrivò in anticipo. Si sedette su una panchina ed iniziò a sgranocchiare alcune noccioline americane acquistate per strada. La giornata era limpida e chiara, il cielo azzurro ed un venticello fresco muoveva le verdi fronde degli alberi. Giaà alcune foglie sotto l'azione del vento cadevano a terra seguendo tragitti aerei imprevedibili e sempre diversi.
Una foglia cadde sui capelli di Jeune-Aurore che dolcemente la prese guardandola un po' rattristata. Pensava che la foglia non sarebbe tornata più sull'albero, costretta a marcire e ad essere calpestata per legge di natura.
Rifletteva su queste cose quando si vide arrivare Sun-Junior di corsa. Jeune-Aurore gli chiese incuriosita: - Come mai così di fretta?
- Volevo arrivare prima io all'appuntamento - rispose Sun-Junior affannato - ma ho perso troppo tempo e sono arrivato tardi!
- Sun-Junior tu non sei arrivato tardi, è che tutti e due siamo in anticipo. Vuoi una nocciolina?
- Si grazie, a me piacciono molto.
Sun-Junior si sedette accanto a Jeune-Aurore e cominciò a mangiare noccioline distrattamente, in silenzio, con lo sguardo rivolto lontano.
- Come mai non parli? - chiese Jeune-Aurore.
- Un momento, fammi godere questo riposo dopo la corsa che ho fatto. E poi l'aria è così pulita ed il cielo è così bello. Nel frattempo puoi leggerti la rivista che ti interessava, te la regalo.
- Troppo gentile, ma perchè ieri non me l'hai prestata?
- Fammi prima riposare in pace, poi te lo dirò.
Jeune-Aurore stava per insistere ma riuscì a trattenersi. Non voleva risultare invadente. Sun-Junior rimase così, in silenzio, per alcuni minuti.
Lui pensava a come era strana la vita, ieri non si conoscevano, oggi seduti su una panchina come vecchi amici, e forse domani... chissà.. Jeune-Aurore, ora che l'aveva rivista, gli sembrava più carina della prima volta. Per un attimo gli ritornarono in mente i suoi impegni ma... la fresca presenza della nuova amica cozzava violentemente con il grigiore del lavoro. Non aveva voglia di fare niente, questa era la realtà. Sarebbe rimasto in quella posizione una eternità con accanto quella dolce persona silenziosa...
- Allora vogliamo organizzare l'articolo - disse ruscamente Jeune-Aurore - o dobbiamo fare le statue tutta la giornata!
- Non tengo voglia - rispose Sun-Junior con un sorriso sulle labbra.
- Guarda che io ho da fare gli esami e per me il tempo è prezioso. Al massimo posso perdere un'ora. Ho dei programmi di studio da rispettare e già è troppo che sono venuta.
- Se hai tanto da fare te ne puoi anche andare, anch'io ho i miei impegni ma sono venuto per aiutarvi nella diffusione della manifestazione.
- E allora perchè non ci aiuti invece di startene comodamente seduto a vedere le ragazze che passano?
- Non guardavo le ragazze ma l'infinito che ci circonda. Con questa bella ragazza che ho vicino perchè avrei dovuto distogliere lo sguardo su altri esemplari?
A Jeune-Aurore quest'ultima frase di Sun-Junior fece molto piacere, gli rammentò la sua femminilità, e con voce dolce disse: - Ma lo sai che sei un bel tipo. Vieni ad un appuntamento per fare una cosa e poi dici che non ne hai voglia. Cosa dovrei pensare di te?
Jeune-Aurore lo fissava con occhi indagatori pronta a percepire il minimo indizi che potesse rivelarle un significato nascosto. Sun-Junior si sentì osservato fin dentro il suo essere; anche stavolta Jeune-Aurore mostrava una invadenza eccessiva, decise allora di rompere l'incantesimo alzandosi. Mentre si sollevava si rivolse a lei dicendo:
- Vieni, facciamo due passi, la giornata è bella e vale la pena di godersela.
- Va bene - rispose Jeune-Aurore - discuteremo mentre passeggiamo.
Si diressero verso il corso principale, a passi lenti, come di chi cerca di passare il tempo senza avere alcuna meta ed alcuna cosa da fare. Jeune-Aurore iniziò a soffermarsi presso i negozi di vestiti e chiedeva a Sun-Junior un parere sui modelli che le piacevano.
- Che ne dici di quello rosa con la cintura verde? - domandò lei.
- No, a me piacciono vestiti più semplici - rispose li.
- Si, ma un giudizio su questo genere di vestito?
- Percè tu sei capace di mettertelo quel vestito?
- Io i soldi non li ho, però se tu me lo compri potrei farti vedere come mi sta bene.
Jeune-Aurore lanciò un'occhiata piena di bramosia a Sun-Junior che non riuscì a comprendere se quel desiderio negli occhi fosse dovuto al ricordo del vestito in vetrina o se era da attribuire alla sua persona.
- Tu mi vuoi sfruttare - replicò Sun-Junior - ma tu mi sei antipatica ed io a te non regalerò mai niente.
- Intanto - disse Jeune-Aurore - la rivista già me l'hai regalata.
- Non c'entra.
- Come non c'entra, sempre è un regalo.
- Vuoi sempre avere l'ultima parola
- Se ho ragione, allora si.
- Ma il fatto è che tu credi di avere sempre ragione.
- Davvero?
Jeune-Aurore sorrideva con aria birichina, forse l'unica espressione che poteva racchiudere in modo sintetico il suo carattere astuto e impertinente. Un non so che di birbante aleggiava nel suo comportamento e Sun-Junior invano quel giorno tentò di definire la matrice di quella sensazione.
Vagarono così per la città per diverse ore, poi Sun-Junior la invitò a pranzo presso un ristorante che lui conosceva. Jeune-Aurore accettò volentieri ma disse che doveva prima avvisare a casa. Telefonò quindi alla mamma spiegando i motivi della sua assenza, dicendo che l'articoloera impegnativo e che occorreva che lei restasse per aiutare, anche il pomeriggio. Mangiarono abbondantemene scherzando e chiacchierando vivacemente. Ormai dopo il pranzo sembrava già che si conoscessero da un sacco di tempo... e ell'articolo manco a prlarne... a ben altri lidi erano rivolti i loro pensieri!
- Sai Sun-Junior - disse Jeune-Aurore - non ho mai passato un giorno così senza fare niente, pensando solo a divertirmi e a passeggiare distrattamente, scordandomi completamente di quei terribili esami che mi ossessionano.
- Anch'io Jeune-Aurore raramente ho trascorso una giornata senza avere qualcosa da fare e passandola spensieratamente come ho fatto oggi. E poi, con la tua straordinaria presenza, questo è stato veramente un giorno diverso da tutti gli altri che ho vissuto.
- Noi due insieme non riusciremo a fare niente; è pericoloso, ci danneggiamo a vicenda.
- Perchè, essere felici non è già una ricchezza incomparabile?
- Certo Sun-Junior, però bisogna essere efficienti.
- Non l'efficienza è importante per l'essere umano ma l'esistenza, il modo di esistere. Il tempo di produzione ci lega mani e piedi schiacciando la nostra creatività e libertà, senza accorgercene ci facciamo incatenare in un meccanismo alienato. Io stesso, troppe volte, mi lascio trascinare dalle esigenze della produzione trascurando gran parte della mia umanità.
- Questi sono bei pensieri ma, oggi, se non si è validi, se non si è competitivi si rimane fuori, si resta disoccupati...
- Jeune-Aurore scusa se ti interrompo... lo sai che mi sei molto simpatica... stasera che fai?
- Mi dispiace ma debbo studiare, tra pochi giorni ho la seduta di esami.
- E l'articolo?... Che diciamo ad Aiace che abbiao perso solo tempo, l'apertura della mostra sull'artigianato è vicina.
- E che vogliamo fare? - chiese Jeune-Aurore.
- Dammi il tuo numero di telefono, domani mattina ci mettiamo d'accordo e tra un impegno e l'altro cercheremo di incontrarci per definire gli argomenti dell'articolo.
- Va bene... allora a domani... non ti dimenticare!
- Ciao... stai sicura... di una ragazza carina come te non ci si dimentica facilmente... a domani.
Sun-Junior e Jeune-Aurore si allontanarono in silenzio con il cuore tra le mani ed una strana malinconia.





CAPITOLO VI

Gli impegni




Sun-Junior doveva telefonare a Jeune-Aurore per completare l'articolo quando arrivò di corsa Marko chiedendo urgentemente il suo aiuto.
- Sun-Junior!!!... mi hanno rubato la valigia con tutte le mie cose... avrei bisogno di te per farmi accompagnare all'ambasciata. Senza documenti, senza soldi, non posso tornare in Bulgaria.
- Non ti preoccupare, la spedizione per il salvataggio di Marko è già pronta.
Sun-Junior dimenticò completamente l'accordo con Jeune-Aurore, preso dalla rabbia per il furto che il suo amico aveva subito. Scesero velocemente in strada, in un balzo furono in macchina e partirono con lo stridore delle ruote.
Intanto Jeune-Aurore attendeva invano la chiamata di Sun-Junior e l'attesa snervante le impedì di studiare. Per tutto il giorno ad ogni squillo di telefono credette che fosse il suo amico, ma le sue aspettative restarono deluse.
Sun-Junior dall'ambasciata dovette recarsi alla sede centrale della polizia, poi di nuovo all'ambasciata. Senza accorgersene l'intera giornata trascorse velocemente in un concitato andirivieni.
Solo la sera, quando la questione fu quasi risolta, si ricordò dell'articolo e di Jeune-Aurore. Sun-Junior pensò che la sua amica avesse compreso che per motivi imprevisti aveva dovuto rinviare il loro appuntamento. Telefonò ancora agitato per la frenetica giornata.
- Jeune.Aurore sono Sun-Junior... come stai?
- Bene ti sei ricordato?
- Aspetta, non avere quel tono,ti devo delle scuse però prima scolta cosa mi è capitato.
Sun-Junior spiegò la giornata come era andata e come l'incidente di Marko lo avesse distolto da altre occupazioni.
- D'accordo - disse Jeune-Aurore - ti scuso, però ora io ho i miei impegni di università. Già era molto se oggi potevo liberarmi ma da domani non posso più, altrimenti sballo tutti i miei programmi.
- E allora cosa si fa? - chiese Sun-Junior.
- E' semplice, fatti aiutare da Aiace, io credo che non sia sempre occupato, ti sembra?
- Ho capito... ciao ci vediamo.
- E quando?
- Appena hai fiito gli esami, alla mostra.
Ci fu un silenzio da entrambe le parti che lasciò intravedere molti pensieri. Poi Sun-Junior riprese a parlare.
- Auguri per li esami, non ti dimenticare che dobbiamo finire un discorso.
- Auguri anche a te per l'articolo e mi raccomando non ti dimenticare di farlo. Tu sei capace di tutto.
- Ciao stai sicura.
- Ciao... ciao...
Sun-Junior riattaccò il telefono con una grande amarezza pensando che forse aveva ragione Jeune-Aurore ad essere arrabbiata ma che lui mica poteva prevedere il furto della valigia di Marko, mica l'aveva fatto apposta. Però Sun-Junior era contento che si era adirata.
Jeune-Aurore avrebbe voluto ritelefonare subito al suo amico, si era già pentita di essere stata troppo scontrosa, e rifletteva che in fondo che olpa ne aveva Sun-Junior se non aveva potuto telefonare. Più volte si avvicinò al telefono per riciamare il suo amico, ma poi decise che così era andata e che ormai non c'era niente da fare. Si sarebbero rivisti dopo i suoi esami alla mostra.
A Jeune-Aurore l'intervallo di tempo sembrava enorme. Eppure ieri aveva creduto che tutto sarebbe stato facile, che si sarebbero rincontrati il giorno dopo, che poi avrebbero fissato un altro appuntamento e che in poco tempo... Comunque la pazienza non le mancava e gli esami bisognava farli. Forse era stato meglio così.
I giorni passarono velocemente, al contrario di quanto credeva Jeune-Aurore; la tensione degli esami le fece dimenticare il senso del tempo. Sun-Junior scrisse l'articolo che fu pubblicato su una nota rivista e pregò altri suoi due amici di divulgare per mezzo stampa l'inaugurazione della mostra sull'artigianato.
Venne il giorno dell'inaugurazione e tutti gli organizzatori erano presenti per celebrare il coronamento dei loro sforzi. C'era anche Jeune-Aurore che aveva superato brillantemente gli esami.
Jeune-Aurore ardeva dal desiderio di rivedere il suo simpatico amico ma Sun-Junior ancora non era arrivato. Nell'attesa risistemò le ultime cose e si sedette al banco dove si rilasciavano i cataloghi della mostra, in modo da tenere sotto controllo l'ingresso.
Dopo un poco arrivò Sun-Junior, un po' pensieroso. Jeune-Aurore si accorse subito dell'espressione sul volto di Sun-Junior ma fece finta di niente.
- Allora... chi si rivede! - disse Sun-Junior.
- Come stai? - rispose Jeune-Aurore.
- Un po' preoccupato, ho perso un cliente per una distrazione.
- Come l'hai perso?
- Avevamo fissato una scadenza per il programma di una macchina ma me ne sono dimenticato. Così, lui ha pensato che lo trascuravo e si è rivolto ad un altro collega.
- E va be', peggio per lui, uno come te dove lo trova.
- Si, ma intanto io ho perso i soldi ed il tempo per il lavoro che avevo già fatto. Comunque non ne parliamo più, che ne diresti di illustrarmi da vicino la mostra?
- Se ti fa piacere. Un attimo solo che chiamo un mio amico per sostituirmi.
Jeune-Aurore si alzò pensando alla discussione tenuta per telefono con Sun-Junior. Sapeva che non era il caso di riprendere la questione ma, qualcosa intervenne che fu più forte di lei.
- Mi facesti aspettare tutta la giornata la tua telefonata!
- Ti ha fatto bene! - rispose Sun-Junior.
- Come mi ha fatto bene? Io dovevo studiare.
- Perciò ti ha fatto bene, tu pensi solo all'università: non potevi chiamarmi in questi giorni o gli esami ti occupavano tutti i minuti?
- E perchè non mi hai chiamato tu, tu lo sapevi che io stavo a casa a studiare.
Jeune-Aurore rise con quella sfumatura impertinente che piaceva tanto a Sun-Junior.
- Ti sta bene questo vestito Jeune-Aurore.
- Ti piace?
- Si mi piace, ma anche tu mi piaci, mi sei simpatica. Quando ti incontro mi scordo degli impegni e dei pensieri.
Jeune-Aurore arrossì leggermente ma subito deviò l'attenzione.
- Vedi questo oggetto, risale a quattro secoli fa. Serviva per tessere i tappeti. Ti piacciono i tappeti?
- Se sono ben fatti, si.
Gironzolarono per la mostra parlando del più e del meno, discutendo sui diversi aspetti dell'artigianato, sui loro impegni di lavoro e di studio.
Si fermarono al bar: Sun-Junior prese un aperitivo, Jeune-Aurore una granita. Seduti ad un tavolino rimasero in silenzio guardandosi e gustandosi le due bevande. Avrebbero voluto dire tante cose, raccontare tutto quello che avevano pensato su di loro in quei giorni di privazione, ma, nessuno dei due ebbe il coraggio di affronare l'argomento.
Negli occhi di Jeune-Aurore, Sun-Junior scorgeva un garbato desiderio sessuale. Anche lui riteneva la ragazza che gli stava di fronte squisita per i suoi gusti, ma non era questo che richiedeva a quella relazione di amicizia, per lo meno per il momento. C'era qualcosa di indefinibile in Jeune-Aurore che voleva scoprire.
Anche Jeune-Aurore era incuriosita da Sun-Junior, persona dalle tante attività e dai tanti pensieri. Perchè - si chiedeva - se li piaccio e mi desidera, perchè non si decie a prendere alcuna iniziativa concreta?
- Sun-Junior! - esclamò una persona da lontano.
- Chi è? - rispose Sun-Junior di soprassalto.
- Sono Caronte, ti ricordi nei banchi di scuola?
- Ah si... rammento... e come mai da queste parti?
- Faccio parte di una coopeativa di artigiani che cerca di innestare metodi orientali nella nostra cultura artigianale.
- E, ma così tu perdi la genuinità locale!
- Non è vero, io cerco di integrare le potenzialità locali con un sistema artigianale modiale.
- Secondo me, tu devi...
- Sun-Junior vuoi continuare a vedere la mostra o vuoi restare a parlare con Caronte? - disse Jeune-Aurore interrompendo la discussione.
- Caronte scusami, continueremo la prossima volta, voglio prima finire di vedere l'esposizione. Ciao.
Jeune-Aurore iniziava a spazientirsi: erano passate già due ore e si era parlato solo in generale senza concludere niente. Decise allora di mettere l'amico alle strette.
- Mi dispiace, la compagnia è piacevole ma ora devo proprio andare.
- Anch'io, mi sono trattenuto già troppo. La tua presenza mi ha vincolato ma, se tu te ne vai, per me è inutile restare.
- Troppo gentile Sun-Junior.
- Ascolta, io debbo sdebitarmi con te per quel giorno che non ti telefonai, cosa posso fare?
- Niente, ti ho perdonato.
- Allora se mi hai perdonato accetta il mio invito per domani sera, altrimenti debbo ritenerti ancora in collera con me.
- Va bene, accetto, e a che ora?
- Facciamo alle otto, davanti al centro sociale.
- D'accordo, ciao.
- Ciao.
Sun-Junior si allontanò dubbioso chiedendosi perchè l'aveva invitata: Jeune-Aurore gli era tornata ad essere antipatica. Sempre a controbattere le sue tesi, sempre a volere ragione, figura poggiantesi su una nascosta e profonda prepotenza. Se avesse potuto avrebbe ritirato l'invito. Jeune-Aurore l'infastidiva. E poi tutto quel tempo perso in chiacchiere inutili: - Quasi quasi - pensava - domani non ci vado proprio all'appuntamento così si arrabbia un'altra volta e non mi scoccia più.
Ma la curiosità di Sun-Junior, di vedere come andava a finire e di conoscere meglio quella impertinente ragazza, era molto forte e prevalse su ogni suo proponimento.
Jeune-Aurore, al conrario, aveva trovato Sun-Junior molto affascinante e l'invito la rassicurava sulle intenzioni dell'amico. Ormai era sicura di aver trovato la persona adatta per lei. E poi lavorava, già era sistemato; da quel poco che lo conosceva, non doveva avere troppi vizi. Certo, la sua vera aspirazione era un grande amore, come Giulietta e Romeo per esempio, ma forse aveva ragione Brunilde: bisognava accontentarsi se si voleva ottenere qualcosa.
Jeune-Aurore già immaginava le cose come sarebbero andate e già si vedeva sposata al fianco di Sun-Junior, pronta a dividere con lui le avversità della vita.
- Tanto un amore come Giulietta e Romeo non esiste - si ripeteva continuamente Jeune-Aurore per convincersi che non doveva pregiudicare con qualche sua riserva o fantasia il suo rapporto con Sun-Junior.
Jeune-Aurore aveva già studiato il tipo di persona e riteneva cosa facile intrappolare il suo simpatico amico e manovrarlo indirettamente. D'altra parte fino ad ora le cose erano andate come si aspettava, fatta eccezione per l'imprevisto della valigia rubata.
Jeune-Aurore non immaginava minimamente che la sua preda era sul punto di lasciar perdere tutto, perchè ormai lui era annoiato da quella ragazza sfuggente e saccente, incline alla dittatura ed alla tirannia. Ma anche Sun-Junior ignorava completamente, cioè non aveva la minima idea della grande generosità risposta nel cuore di Jeune-Aurore.
Con tali perplessità e dubbi, entrambi attesero l'ora dell'appuntamento coscienti che un'avventura li attendeva.





CAPITOLO VII

"Proviamo insieme"




Questa volta Sun-Junior arrivò per primo all'appuntamento. Si sedette su di una panchina ed attese. Gli venne di fischiettare un motivetto dal ritmo allegro. Si vedeva chiaramente che il suo stato d'animo era lieto: i dubbi erano scomparsi e non vedeva l'ora di rinconrare la sua amica.
Jeune-Aurore arrivò pensierosa: come vide Sun-Junior un largo sorriso le si dipinse sul volto. Sun-Junior era quasi sul punto di correrle incontro ed abbracciala: ebbe la sensazione di volerle un bene immenso.
- Ciao Sun-junior, sei arrivato prima tu.
- Una volta tanto non fa male, siediti qui - e indicò con la mano lo spazio della panchina che si trovava al suo fianco. Jeune-Aurore si adagiò vicino a Sun-Junior e respirò profondamente.
- Come mai questo sospiro? - chiese Sun-Junior.
- Forse è la sera che mi porta un po' di malinconia, forse le stelle.
- Ma ci deve essere un motivo perchè tu sia malinconica!
- Nooo... così... - replicò con voce bassa e leggermente tremante Jeune-Aurore.
Passarono degli attimi di silenzio che parvero ai due un'eternità. Come se i pensieri dell'uno e dell'altra si fossero scagliati contro reciprocamente provocando un vuoto cosmico.
- La vita, questa nostra cara vita - disse Jeune-Aurore - come è difficile!
- Beh... non sono d'accordo. Se fosse piatta, liscia, senza increspature sarebbe una cosa così monotona che sicuramente farebbe morire di noia uno come me.
- Si, ... però a volte...
- Su con il morale, ora ci andiamo a fare una bella pizza con una buona birra olandese sopra. Ti piace la birra?
- Certo che mi piace, non vivo mica sulla luna!
- Eppure io credo proprio di si - concluse sorridendo Sun-Junior, prendendola per la mano e alzandosi insieme con lei.
Camminarono tenendosi sottobraccio, scherzando e litigando bonariamente. A entrambi parve di essere isolati da tutto ciò che li circondava, come se una bolla invisibile li proteggesse da qualsiasi disturbo esterno.
Davanti la pizzeria incontrarono alcuni amici e decisero di fare gruppo insieme. Anche loro avevano visto la mostra ed erano rimasti veramente sorpresi della gran quantità di materiale esposto e dalla bontà dell'organizzazione della mostra. Il tempo trascorse in modo vivace ed allegro. Alla fine si separarono, salutandosi calorosamente.
Sun-Junior aveva promesso a Jeune-Aurore che se si fosse fatto tardi l'avrebbe accompagnata a casa. Pertanto, si erano incamminati insieme verso l'abitazione di lei. Il tragitto era abbastanza lungo ma la cosa non dispiaceva a nessuno dei due.
Per strada si fermarono a bere ad una fontanella. Sun-Junior schizzò con l'acqua Jeune-Aurore. Jeune-Aurore, allora, subito si impossessò della fontanella e bagnò a sua volta Sun-Junior: sorse così una piccola lotta tra risate e spintoni. Sun-Junior la lasciò vincere per evitarle una doccia completa. Fu questo il momento più spensierato del tragitto. Poi, il tono di voce si fece sempre più serio, assumendo un suono più profondo e commosso.
Jeune-Aurore attendeva che Sun-Junior prendesse l'iniziativa ma non voleva affrettare l'amico con delle manovre che lei conosceva, e lasciò fare al compagno.
Intanto Sun-Junior, mentre discutevano distrattamente, pensava a che cosa le doveva dire, a come doveva intavolare la questione dell'affetto che provava per Jeune-Aurore. Decise di partire da un discorso generale per poi pervenire al fulcro del problema. Inaspettatamente il discorso generale prese un tempo così lungo che si ritrovarono davanti l'abitazione di lei senza aver minimamente parlato di loro due.
Jeune-Aurore, nervosamente, si fermò in silenzio, e rimase in attesa.
Sun-Junior capì che era giunto il  momento di farsi coraggio e di comunicarle il suo sentimento. Gli sembrò che le parole si fossero messe d'accordo per scioperare Erano di fronte. Per prendere tempo Sun-Junior le mise una mano sulla spalla, dolcemene, e avrebbe voluto dire "proviamo a stare insieme" ma l'emozione si mangiò un vocabolo e queste furono le uniche parole che udì Jeune-Aurore:
- Proviamo insieme?
Jeune-Aurore comprese il significao di quella frase ridotta all'osso ma fece finta di aver frainteso.
- Sun-Junior ma per chi mi hai preso!? Non sono mica una donna di facili costumi!
- Ma che hai capito, non volevo intendere che volevo fare..., volevo solo dire se vogliamo provare a stare insieme!
- Allora non volevi...
- Che equivoco!... cioè... non è che non voglio fare quella cosa, ma chiedevo solanto se vogliamo stare insieme per vedere se ci troviamo.
- Allora, non ho capito, che cosa mi volevi dire?
- Proviamo a stare insieme?
- Proviamo - rispose Jeune-Aurore annuendo con la testa.
Lei lo guardò con gli occhi tesi e anche stavolta sembrò a Sun-Junior che si attendesse qualcosa. Fu un attimo, poi si decise a darle un bacio. Jeune-Aurore sorrise soddisfatta e benchè non volesse apparire emozionata aveva un'aria frastornata. Sun-Junior, dall'altro lato, la guardava estasiato.
Jeune-Aurore si allontanò in fretta, mentre Sun-junior le diceva:
- Quando ci rivediamo?
- Telefonami domani, ciao! - Rispose frettolosamente sulla porta di casa, e scomparendo subito dopo.
Ognuno dei due pensava che ce l'aveva fatta ad intrappolare l'altro e che ormai sarebbe stata cosa semplice condurre in porto la situazione.

La grande aspirazione di Sun-Junior era sempre stata quella di divenire un importante manager di industria. Per ora si accontentava di fornire programmi per macchine, programmi per l'organizzazione i aziende. Per i primi tempi l'unica cosa importante era prendere contatti con le grandi indusrie, poi, pensava, tramite conoscenze avrebbe potuto ricevere un primo incarico e dimostrare le sue buone qualità dirigenziali.
In previsione di questa carriera studiava molti libri sull'organizzazione logistica dell'industria. Il massimo della sua aspirazione era di diventar manager di una grande industria di sua proprietà. Cioè, Sun-Junior pensava che, con un poco di fortuna e con le sue capacità, aveva buone possibilità di emulare il re dell'acciaio: il grande Carnegie. Tutti gli sforzi di Sun-Junior, le sue speranze, erano riposte in questo sogno: creare un impero industriale sotto la sua dirigenza!
Sun-Junior però non voleva diventare un gretto capitalista, un uomo dedito soltanto al denaro ed ai propri interessi, ma una persona capace di mediare tra le finalità della propria azienda e gli scopi filantropici per il progresso dell'umanità. Secondo lui l'unico modo per intervenire e trasformare il mondo concretamente non era quello di rinchiudersi in discorsi ideologici e di tipo sovrastrutturale, ma essere all'interno dell'economia mondiale ed aiutare praticamente il progresso della civiltà e l'afferamzione di sani principi e valori del lavoro della civiltà.
A questa sua ambizione era disposto a sottomettere tutto, non doveva distrarsi se voleva raggiungere i suoi obiettivi. Però nemmeno voleva diventare un robot, e per tale motivo coltivava altri studi arte, letteratura, ecc.; inoltre era sempre molto attento ai progressi della scienza e della tecnologia. Spesso si riuniva con amici di altri settori del mondo del lavoro per degli scambi di informazioni a carattere interdisciplinare.
Per Sun-Junior erano già più di tre anni che era andato a vivere da solo, lontano dalla sua famiglia, tutto rivolto ad inseguire i suoi sogni e le sue speranze.
Una cosa nonl'abbandonava mai: la fiducia in sè stesso e nelle sue idee. Due frasi che forse risalivano a Mazzini guidavano la sua attività: "Se cadi, ricomincia" e l'altra "Fa quel che devi, avvenga ciò che può". A volte rifletteva sull'esistenza di Dio, sul rapporto dell'uomo con il soprannaturale, ma restavano vaghi pensieri.
Poche volte usciva con gli amici per divertirsi ma sempre dava prova di grande simpatia e vivacità, risultando di buona compagnia.

Jeune-Aurore aveva un'unica aspirazione: fare una brillante carriera universitaria. Il suo sogno era di diventare una professoressa famosa per le sue ricerche sui sistemi economici. Si sentiva la persona destinata a proseguire l'opera di riforma svolta in economia da Keynes e Pareto.
Jeune-Aurore andava a conferenze, seminari, riunioni, seguiva attentamente l'evoluzione dell'economia mondiale. Nutriva una grande ammirazione per lo straordinario progresso industriale avutosi in Giappone ed era particolarmente interessata all'economia cinese.
Uno scopo fondamentale delle sue ricerche di economia era quello di tentare di trovare un sistema capace di superare l'abisso tra le grandi potenze industriali ed i paesi del Terzo Mondo. Un altro suo sogno era quello di divenire una influente personalità politica e di riuscire ad ottenere un posto di governo. Si vedeva già come consulente dei più importanti stati del mondo e costretta a viaggiare ininterrottamente da una nazione all'altra.
Queste sue ambizioni le comportavano, ancora studente, un'alterigia a volte insopportabile, pensando che un giorno sarebbe diventata una persona famosa e importante.
L'unica sua preoccupazione era il pensiero di come avrebbe potuto conciliare una vita così impegnata con i suoi doveri di madre e di moglie. Certo che avrebbe dovuto avere un marito molto comprensivo; e i figli? Come li poteva educare se la sua attività le comportava una continua assenza da casa? Comunque per adesso il problema non sussisteva, poi quando sarebbe stato il momento si sarebbe trovata la soluzione.
D'altra parte una vita da nubile piena di avventure e flirt non le sarebbe dispiaciuta. Jeune-Aurore aveva sempre invidiato la vita delle attrici di successo, intessute di storie d'amore e di scandalose vicende. Ma la passione per l'economia era più forte, anche perchè pensava che in questo modo avrebbe aiutato di più l'umanità.
Jeune-Aurore era figlia unica e viveva con i genitori. Era cresciuta un po' viziata, però aveva sempre giocato con amiche ed amici ed aveva sviluppato un grande senso della socialità.
In comitiva faceva sempre di tutto per stare al centro dell'attenzione e la sua presenza bastava ad animare anche i più pigri.
Jeune-Aurore non aveva mai voluto ammettere di essere un tipo romantico, ma lo era ed anche molto profondamente.






CAPITOLO VIII

Prudenza




I primi giorni insieme furono bellissimi. Ognuno dei due proiettava sull'altro l'immagine del partner ideale.
L'entusiasmo iniziale fu subito seguito da un periodo di riflessione. Entrambi pensarono che non era saggio scoprire troppo presto le proprie debolezze e le proprie virtù. Pertanto ad una fase di apertura seguì una fase di chiusura. Mentre dapprima ogni giorno si incontravano, cominciarono a vedersi in modo intermittente.
Sun-Junior aveva deciso di lasciare spazio al carattere di Jeune-Aurore per capirne bene le sue sfumature e si era ripromesso di non contrastarla: solo lasciando piena libertà avrebbe agito spontaneamente.
D'altra parte Jeune-Aurore, dopo tutte le cose che le aveva detto la mamma sugli uomini, non voleva essere l'ingenua vittima di un donnaiolo incallito. Pensava, quindi, che doveva essere prudente e non frequentare, con l'amico che conosceva da poco, posti poco raccomandabili.
Questi comportamenti di difesa assunti nascostamente dai due pregiudicarono nel tempo l'esatta valutazione del carattere dell'altro.
Le amiche di Jeune-Aurore erano curiose di conoscere chi era il suo ragazzo e le telefonavano in continuazione.
Un giorno Brunilde, visto che Jeune-Aurore tutta occupata tra l'università ed il suo fidanzato non si faceva più vedere, si risolse ad andarla a trovare. All'inizio parlarono del più e del meno ma, ben presto la conversazione si focalizzò su Sun-Junior. In un primo tempo Jeune-Aurore fu contenta di parlarne con Brunilde, poi l'amica si fece più indiscreta, voleva sapere troppe cose ed allora litigarono. Brunilde prima di andarsene le disse di stare attenta, perchè sicuramente Sun-Junior era uno di quelli che dopo aver sfruttato la compagna l'abbandonano senza alcuna pietà e riserva. Jeune-Aurore le disse che non era il suo caso e le sbattè la porta in faccia.
La visita dell'amica compresa la litigata sembrò senza importanza ma, intanto, aveva posto dei profondi dubbi nell'anima di Jeune-Aurore, dubbi che in breve tempo sarebbero cresciuti a dismisura.
Un giorno Sun-Juniore e Jeune-Aurore decisero di andare al cinema. Si proiettava un film che aveva vinto diversi premi e sarebbe stato un peccato perderlo. Dopo la proiezione del film, quando uscirono dal cinema un temporale tremendo li attendeva. essendo andati a piedi e non prevedendo quel tremendo acquazzone, furono costretti a bagnarsi completamente. Per strada ridevano.
Tornata a casa Jeune-Aurore si accorse che si era raffreddata. L'indomani mattina si ritrovò a letto con la tosse. Telefonò quindi a Sun-Junior per avvisarlo.
- Pronto Sun-Junior... ieri sera mi sono raffeddata.
- Una cosa grave o leggera.
- Tra poco verrà il dottore, comunque io ho la febbre alta e mi sento male.
- Vorrei venire a trovarti, però tu sai che mi dà fastidio incontrare i tuoi... anche se sto lontano è come se ti fossi vicino.
- Mi dispiace, oggi volevo venire da te e vedere come procedeva il tuo lavoro.
- Non ti preoccupare Jeune-Aurore, tanto passerà presto. Non ti sarai mica messo in testa di restare ammalata per sempre!
- Fatti sentire, non mi abbandonare!
- Ma che stai moribonda! Una linea di febbre e già ti abbatti.
- Si, ma tu perchè non mi vieni a trovare?
- Te l'ho già detto, preferisco non fare entrare nel nostro rapporto le famiglie.
- Sun-Junior mi manchi.
- Ma se ci siamo lasciati appena ieri sera!
- Non puoi capire.
- Io capisco, ma ci vuole un poco di pazienza.
- Bah... ti saluto, buon lavoro.
- Mi raccomando, cerca di guarire presto, ciao... telefonami quando starai meglio, ciao...
- Ciao...
Fino ad allora Jeune-Aurore non aveva mai sentito veramente bisogno di avere vicino Sun-Junior ma, ora che stava male, le sarebbe piaciuto che il suo ragazzo la coccolasse. Anche Sun-Junior provò per la prima volta una strana sensazione, come se stando male la sua fidanzata avvertisse lo stesso male anche lui. Sun-Junior ebbe come l'impressione di essere un tutt'uno con Jeune-Aurore. Ma fu un attimo, subito le preoccupazioni del lavoro lo distrassero dai suoi pensieri.
Passò qualche giorno. Quando si rividero si accorsero che dentro di loro qualcosa era cresciuto insieme ai dubbi e le perplessità, qualcosa di grande ma indefinibile.
Camminarono stretti l'uno contro l'altro, baciandosi continuamente. Jeune-Aurore, che aveva la faccia un po' pallida per la convalescenza, emanava una sensualità intima e delicata. Solo la tarda ora quel giorno riuscì a separarli.
Poi tutto ricominciò normalmente: lavoro, università, amore, lavoro, amore, università, lavoro, amore, ecc... Ma dietro l'apparente routine, abitudine, nel profondo dell'animo le cose cambiavano. Invece di diminuire, l'esigenza di prudenza aumentava in entrambi. Era come se la sicurezza e la fiducia iniziali chiedessero ragione della loro esistenza.
Da un lato a loro due sembrava di conoscersi da un'eternità, dall'altro sembrava di eesere insieme ad uno/a sconosciuto/a.
Alla spensieratezza iniziale si stava sostituendo un travaglio interiore che, dapprima nascosto, a poco a poco si andava manifestando nei comportamenti esteriori. Complessivamente si era più nervosi, meno permissivi, più indolenti.
Malgrado ciò le cose in superficie procedevano bene, anche se inconsciamente sia Sun-Junior che Jeune-Aurore cominciavano ad avvertire che qualcosa di inspiegabile non andava.
L'ultimo giorno in cui furono effettivamente sereni e felici insieme fu quando organizzarono una scampagnata in un parco naturale della loro regione. Si divertirono un sacco ad andare alla ricerca degli animali in estinzione e ad imitare i suoni che questi emettevano. La colazione fu squisita e consisteva in delle torte preparate da Jeune-Aurore e da sua mamma.
Il paesaggio montano che li circondava creava dei panorami stupendi. L'aria era purissima e non si sentiva alcun rumore di clacson.
Si fermarono presso un ruscello dove si riversava una copiosa quantità d'acqua. Il ruscello aveva scavato nel pendio un solcoabbastanza profondo dando alla luce dei grandi massi di pietra calcarea che erano stati levigati chissà da quanto tempo. A intervalli le pietre formavano come delle dighe dove l'acqua rallentava il suo corso, dando origine a dei microscopici laghetti.
L'acqua era gelida ma Jeune-Aurore volle lo stesso immergere le gambe nel ruscello. Per paura che da sola scivolasse anche Sun-Junior decise di bagnarsi.
Si levarono le scarpe ed i pantaloni e penetrarono nel ruscello. La superficie dell'acqua tagliata dalle gambe dei due neo-esploratori formava delle scie biancastre. Sun-Junior diresse Jeune-Aurore verso un luogo dove l'acqua circolava più lentamente. Poi, visto che non c'era pericolo, intrapresero una lotta amichevole che finì con un bagno tra baci e abbracci. Fu allora che Sun-Junior rivolse a Jeune-Aurore delle bellissime parole:
- Sei meravigliosa! Ma da dove sei uscita!? Non credevo che potesse esistere una ragazza come te!
- Invece esiste - rispose Jeune-Aurore a bassa voce.
- Io spero che niente ci separi, che rimarremo insieme per l'eternità: ormai tu sei come una parte di me, se tu dovessi morire morirei anch'io. La mia felicità sei tu, la mia felicità è che tu sia felice!
Jeune-Aurore non voleva far vedere ma si commosse e scoppiò in lacrime dicendo:
- Non si prende in giro così una ingenua ragazza come me! - poi dalpianto passò al riso e gettando le braccia al collo di Sun-Junior concluse - Non ti lascerò mai!
Da quel giorno, però, le cose non andarono per il verso giusto e, ben presto, sorsero diversi ostacoli a contrastare il loro idillio.
La prudenza divenne resistenza e sorse l'antagonismo.





CAPITOLO IX

Primi contrasti




Era un freddo pomeriggio di autunno e le foglie già creavano larghi tappeti giallatri. Sun-Junior e Jeune-Aurore, seduti u un muretto, dicutevano animatamente.
- Tu fai empre tardi, ogni volta ti fai apettare - disse Sun-Junior.
- Se non mi vuoi aspettare non mi aspettare - rispose Jeune-Aurore.
- Ma tu lo ai che ti voglio bene!
- E allora?
Da un po' di tempo le cose tra Sun-Junior e Jeune-Aurore non andavano bene, litigavano sempre per piccole sciocchezze. Bastava una cosa fuori posto, un leggero ritardo, una parola non calcolata, per suscitare una polemica.
Il vero fatto è che entrambi subivano una situazione psicologica di attrazione/repulsione.
Da una parte avrebbero voluto il compagno sempre vicino, dall'altra non volevano legarsi troppo per paura di soffrire eccessivamente in caso di distacco. La preoccupazione di perdere il/la partner comportava un nervosismo ed una tensione che non faceva altro che aggravare il già difficile rapporto.
Intanto, con il passar del tempo, i caratteri di entrambi risultavano sempre più delineati e restii ad assuefazioni o accomadamenti. Più volte si erano raccomandati vicendevolmente di essere sinceri e di dire chiaramente le cose che pensavano e che sentivano: ciò, ovviamente, aumentava la durezza dello scontro caratteriale.
Jeune-Aurore cominciava ad avere dei dubbi sul significato di questa sua relazione.
Lei aveva sempre atteso un grande amore, una storia d'amore a regola d'arte ma, fino ad ora, con Sun-Junior tutto era rientrato nella banalità, nella quotidianità; anzi Sun-Junior, preso dal suo lavoro, non è che le dedicasse molto tempo. Certo anche lei aveva i suoi impegni, però Jeune-Aurore aveva sempre creduto che una volta incontrato il suo amore sarebbe successo chissà che cosa, che sarebbero fuggiti in capo al mondo.
Un giorno, litigando con Sun-Junior, le scappò questa frase: - Mi dispiace ma se io dovessi fuggire con te non fuggirei.
Sun-Junior non riuscì a capire se era una bugia o se era la verità.
D'altronde lui non aveva mai creduto che realmente  una donna fosse capace di seguirlo ovunque andava, nè si aspettava questo da Jeune-Aurore nè lo pretendeva. Però Sun-Junior aveva sempre immaginato che la donna che la donna della sua vita l'avrebbe seguito dovunque, che l'avrebbe capito, compreso senza che lui avesse dovuto parlare, che sarebbe stata un tutt'uno con lui. Ma questi suoi sogni restavano in gran parte delusi dal comportamento di Jeune-Aurore che invece di armonizzarsi con la sua volontà, creava volontariamente un contrasto acuto e stridente.
Sun-Junior pensò che un periodo di crisi era normale in ogni coppia e quindi attendeva che le cose cambiassero e che i dissidi si risolvessero.
Jeune-Aurore, intanto, si insospettiva del comportamento pacifico e distaccato di Sun-Junior. Infatti da una parte lui non mutava il proprio carattere, le proprie abitudini, dall'altra subiva con distacco le schermaglie che lei continuamente provocava per vedere la sua reazione. Ma Sun-Junior si era ripromesso di lasciarla fare, per vedere fino a che punto sarebbe arrivata.
Tanto - pensava Sun-Junior - se era amore qualsiasi cosa accadeva, qualsiasi ostacolo trovavano sarebbe stato superato, altrimenti voleva dire che si trattava di una passione passeggera del tutto insignificante.
Più lui si muoveva con distacco, più Jeune-Aurore lo infastidiva per attirare la sua attenzione. Si sbagliava Sun-Junior nel credere che quei disguidi non avrebbero provocato nessun effetto nel suo animo: l'accumularsi dei contrasti gli comportava un sonno nervoso e molte volte la notte riusciva a dormire soltanto poche ore. Inoltre una sera che andarono a cenare in un posto rinomato, Sun-Junior provò uno strano fenomeno.
Avevano ordinato il menù e, ormai come al solito, era iniziata una piccola discussione. Quella sera Jeune-Aurore era più ritrosa e scontrosa delle altre volte. Quando arrivarono i piatti con le vivande lei cominciò a mangiare avidamente, lui si accorse che non ne voleva, come se fosse disgustato prima ancora di assaggiare. Jeune-Aurore si avvide della riluttanza del compagno.
- Qualcosa non va?
- E' strano - ripreseSun-Junior - ma è come se fossi già sazio, non riesco a mandar giù niente!
- Prova a bere un sorso d'acqua. E' peccato lasciare il piatto, tanto ormai è già pagato.
Jeune-Aurore gli versò un poco d'acqua nel bicchiere e gli fece cenno con la testa di bere. Sun-Junior sorseggiò lentamente ma qualcosa da dentro faceva di tutto per respingere tutto ciò che quella sera tentava di ingoiare. Metà dell'acqua versata da Jeune-Aurore rimase nel bicchiere.
- Non ti preoccupare - disse Sun-Junior - si vede che lo stomaco si è chiuso. Forse ho mangiato qualcosa che mi ha fatto male stamattina. Comunque tu finisci il tuo piatto, poi vedremo se continuare.
Mentre Jeune-Aurore masticava l'ultimo boccone Sun-Junior fu sicuro dell'origine del suo malessere: era lei che con il suo comportamento scostante aveva provocato in lui, interiormente un disgusto psico-fisico la cui manifestazione esterna era stata proprio quella inspiegabile nausea venutagli improvvisamente.
Questa era una prova palese di come al suo distacco al suo distacco apparente facesse seguito una sensibilità interiore ed un turbamento affettivo notevole; a Jeune-Aurore però sfuggì la comprensione dell'avvenimento e anzi, continuò ad infierire contro Sun-Junior dicendogli che era uno sprecone.
Anche Jeune-Aurore, tuttavia, subiva le conseguenze emotive dovute al comportamento di Sun-Junior. A casa la mamma le diceva che stava diventando un'isterica, una pila elettrica, e che non le si poteva più parlare nè dire niente altrimenti si era subito aggrediti. Jeune-Aurore si torturava nel dubbio se Sun-Junior l'amava o non l'amava. Dietro la sua sicurezza c'era una grande paura di perdere il suo amore. Le sembrava che era sul punto di perdere qualsiasi cosa aveva nella sua stanza.
Continuamente si ripeteva che non doveva dare troppo importanza a Sun-Junior, che era un ragazzo come tanti altri e che, nel caso che non si fossero trovati, avrebbe facilmente trovato un suo sostituto. Ma, nel profondo del suo cuore, il desiderio di possedere Sun-Junior e di averlo solo per lei assillava la sua mente.
Un giorno Aiace chiese a tutti e due se potevano aiutarlo nella organizzazione di un convegno. Sun-Junior e Jeune-Aurore gli dissero che erano ben disposti ad aiutare il loro amico, tanto più che era stato per mezzo suo che si erano conosciuti.
- Allora posso contare su divoi - disse Aiace.
- Certo, siamo a tua disposizione - rispose Sun-Junior.
- Guardate che si tratta di lavorare parecchio, vi ho interpellati perchè il tempo è poco e le cose che restano da fare sono molte.
- Non ti preoccupare - disse Jeune-Aurore - noi siamo buoni lavoratori, fin troppo, invece di divertirci pensiamo sempre ai nostri impegni.
Jeune-Aurore lanciò un'occhiata a Sun-Junior, lui capì.
- Perchè, che vuoi dire, che noi ci divertiamo poco... ma se ci scocciamo di perdere il nostro tempo che colpa ne abbiamo!
- Ma perchè, secondo te divertirsi significa perdere tempo? Un po' di svago pure ci vuole! - replicò lei.
Aiace li interruppe con aria sorridente.
- Ma insomma volete divertirvi o volete aiutarmi?
In coro risposero entrambi: - Ti aiutiamo, ti aiutiamo!
E aggiunse Sun-Junior: - O se no già lo sappiamo che non ci lascerai inpace fino alla fine dei nostri giorni!
- Va bene - concluse Aiace - allora vi aspetto domani mattina al centro sociale, presso la sala dei convegni, Ciao.
- Ciao... ciao...
Il dì seguente si recarono prestissimo al centro sociale. Lì incontrarono Aiace tutto indaffarato tra telefonate, inviti, lettere di partecipazione, ecc.
Sun-Junior e Jeune-Aurore lavorarono di buona lena per tutto il giorno, smettendo solo un attimo verso mezzogiorno per mangiare un panino. Per la prima volta, dal giorno del loro incontro, si ritrovavano insieme ad organizzare qualcosa. In effetti, bisognava ammetterlo, erano affiatati; ci sarebbe voluto più spesso un impegno comune capace di unirli anche nel lavoro.
Lei, infatti, andava all'università trattando un ambiente completamente differente da quello del mondo del lavoro in cui Sun-Junior si trovava immerso. Gli impegni li separavano continuamente e quando si rincontravano erano stanchi della dura giornata ed avevano poca voglia di ridere e scherzare. Aiutando Aiace parve ai due di ritrovarsi diversi, molto più attivi e dinamici di quanto di solito apparivano.
Alla fine della giornata Aiace esclamò soddisfatto:
-Non avrei mai pensato che col vostro aiuto in un giorno si potevano fare tutte queste cose!
- Che ti credi - disse Jeune-Aurore - noi quando ci mettiamo a fare una cosa siamo come due carri armati... avanziamo inesorabilmente.
- Allora non vorrei essere nei panni di chi vi vole ostacolare.
- Sarebbe meglio per lui che non fosse nato - rispose Sun-Junior con una espressione di orgoglio e superiorità.
- Ehh... non lo stare a sentire - ribattè Jeune-Aurore con un sorriso astuto. - Noi la prima cosa che facciamo è scappare, poi, solo se ci troviamo alle strette...
- Non è vero - replicò Sun-Junior - io per lomeno sono sicuro di quello che ho detto; le donne, si sa, sono sempre trepidanti e paurose.
- Bah... su quest'ultimo punto non sono d'accordo ma ne discuteremo un'altra volta, ora si è fatto tardi e debbo tornare a casa - concluse Jeune-Aurore.
I due salutarono Aiace di fretta. L'amico disse che ormai poteva farcela da solo e che non c'era più bisogno di loro; li ringraziò caldamente pregandoli di non mancare all'apertura del convegno.
Dopo quella giornata trascorsa insieme faticosamente Sun-Junior e Jeune-Aurore si sentivano più uniti. Per strada quella sera furono molto loquaci e anche la quantità di convenevoli che si scambiarono fu maggiore del solito. Si ripromisero che più spesso dovevano organizzare qualcosa insieme e non soltanto pensare all'altro come strumento di piacere e di svago.
Si chiesero che cosa potevano fare di utile insieme. Diopo alcune proposte insoddisfacenti decisero di aspettare che le cose si sistemassero meglio. Per ora il lavoro di Sun-Junior era ancora troppo labile ed incostante e Jeune-Aurore doveva, prima di tutto, conseguire la laurea.
Si salutarono come al solito con una punta di malinconia, sintomo quasi impercettibile ma significativo che qualcosa non andava nel loro rapporto.
Entrambi si aspettavano dal loro amore qualcosa di più, una situazione più romantica, più fantasiosa, e invece... eccoli tutti e due a proseguire nella loro routine ed a scambiarsi le solite frasi. Tranne rare eccezioni, si ritrovavano sempre agli stessi posti, con gli stessi litigi e gli stessi dubbi.
Il loro amore, involontariamente, era divenuto come l'acqua che fermando il suo corso ristagna, dando origine alla melma, ad un fetore insopportabile e ad una gran quantità di insetti fastidiosissimi e molesti.





CAPITOLO X

Amore-odio




Sun-Junior fissava con intensità la danza in cui si producevano due rami mossi dal vento nella frescura mattutina. Le foglie instancabili, irrequiete, sembravano tentare in tutti i modi di allontanarsi dal gambo che le sosteneva. I due rami si avvicinavano e si separavano continuamente; più volte avevano dato l'impressione di intrecciarsi, di unirsi definitivamente, ma poi il vento subito tornava a distanziarli come invidioso di quella insolita amicizia.
Quella mattina incontrò il suo amico Sisifo, sempre indaffarato a svolgere le sue mansioni e sempre intento allo svolgimento della medesima cosa.
In un primo momento Sun-Junior riflettè sul destino di Sisifo, un perfetto lavoratore che senza chiedersi tanti perchè sulla vita ogni giorno era pronto a ripetere la sua attività in modo instancabile e imperturbabile. Certamente lui non sarebbe stato mai capace di vivere in quel modo, di lavorare sempre allo stesso modo, senza alcun anelito al progresso, senza alcuna tensione al miglioramento. Per lui una tale condizione equivaleva ad una punizione, figuriamoci se l'avesse dovuta subire per tutta la vita!
Poi a Sun-Junior ritornarono in mente le immagini delle due fronde che lo avevano incantato, di primo mattino, con la loro danza elegante ed armoniosa. Pensò che forse lui e Jeune-Aurore si potevano paragonare a quei due rami e che il loro amore poteva essere equiparato a quel gioco di avvicinamento e distacco che aveva osservato.
Sun-Junior avvertiva come una forza negativa che si contrapponeva al loro amore ma, invano tentava di discernere la natura dei loro contrasti: qualche cosa di non chiaro stava avvenendo che sfuggiva alla sua comprensione.
Era come se si fosse innescata una reazione a catena che attendeva soltanto il botto finale.
- Perchè ti metti il maglione? - chiese Sun-Junior.
- Perchè non me lo posso mettere? - rispose Jeune-Aurore.
- Ma fa caldo, poi sudi e ti fa male - continuò lui.
- Io faccio quello che mi pare e piace, non debbo chiedere il permesso a nessuno - disse lei con fare deciso.
- Si vede che sei ignorante, non ascolti mai i buoni consigli.
- Come sei presuntuoso, tu sai sempre tutto!
- E tu vuoi per forza avere ragione!
I battibecchi si ripetevano sempre più spesso, malgrado entrambi tentassero di non aggravare la situazione.
Jeune-Aurore si sentiva oppressa dalla presenza di Sun-Junior, come se quella persona stesse minando la sua libertà, le stesse distruggendo la propria vita. Si sentiva costretta a fare delle cose che non voleva, ad andare agli appuntamenti anche quando non ne aveva voglia, a parlare e ridere anche quando stava "giù" e non aveva voglia di scherzare. Si, gli voleva bene, ma a volte gli era proprio antipatico con quella sua aria di superiorità. E poi il dubbio che non la lasciava mai: era o non era Sun-Junior l'amore della sua vita? O lei stava solo perdendo del tempo con una persona che aveva ben poco da darle a livello di sentimenti? Ed il suo sogno d'amore, era proprio questo il suo sogno d'amore? O invece l'attendeva chissà quale incontro con un personaggio famoso che si sarebbe follemente innamorato di lei, colmandola di fiori e regali, e disposto a condurla con sè in giro per il mondo semmai con uno yacht privato? E poi che futuro poteva offrirgli Sun-Junior? A quanto pare soltanto una vita di lavoro e di sacrifici. Certo, Brunilde diceva sempre di eesere pratici e realisti, ma lei non se la sentiva proprio di rinunciare ai suoi sogni. Pertanto, decise che doveva escogitare qualche sistema per riuscire a risolvere i suoi dubbi.
Jeune-Aurore aveva sempre creduto che il vero amore fosse costituito da due infiniti, due esseri liberi che si incontrano, che si trovano bene insieme e che si amano. Ora, l'unico modo per sapere se Sun-Junior era veramente il suo amor consisteva nel metterlo alla prova e, quindi, analizzare e meditarne il riultato.
Solo con un esperimento avrebbe potuto determinare le qualità, il valore, l'affetto del suo compagno!
Questa idea, man mano che passavano i giorni dal momento in cui fu formulata, prese piede vigorosamente.
Ormai Jeune-Aurore provava una nausea per Sun-Junior e non era più disposta a dare tutta se stessa per far piacere a lui.
Arrivati a questo punto, pensava, tanto valeva tramare l'eperimento, visto che non restava più niente di interessante al di fuori delle schermaglie; d'altra parte la curiosità di saperne di più su quel rapporto la spingeva a continuare ed un vago presentimento le diceva di non desistere.
Sun-Junior, intanto, non ne poteva più di quella ragazza litigiosa e impertinente. Già da tempo aveva deciso di troncare ma non si decideva a farlo.
Lui continuava a comportarsi normalmente benchè fosse sicuro che ben presto quella storia sarebbe finita.

Che cosa strana l'amore!!! Un sentimento che unsce e che separa. Se si sta vicini si desidera di essere lontani, se si sta lontani si desidera di essere vicini.
L'amore e l'odio sono due facce della stessa medaglia. La passione è un forte sentimento d'affetto che provoca una deformazione nella percezione della realtà. Le cose perdono la loro fisicità per assumere un significato simbolico oscuro, oppure divengono la proiezione del nostro mondo interiore e delle nostre aspettative.
Essere gelosi significa tormentarsi nel dubbio di perdere l'amore della perona amata. Sun-Junior e Jeune-Aurore vivevano inconsapevolmente le conseguenze del sorgere nei loro animi dell'amore, della passione, della gelosia.
Questi sentimenti, nuovi alle loro conoscenze ed esperienze, comportavano nei due uno sbandamento generale incontrollabile. Entrambi non volevano ammettere quello che gli stava accadendo, non volevano accettare la realtà dei loro sentimenti. L'attrito provocato da tale contrasto accresceva notevolmente la tensione tra i due.
Lo sforzo di Sun-Junior e di Jeune-Aurore era tutto teso a nacondere ciò che era riposto nell'intimo dei loro cuori. Era come se avessero paura che una volta scoperto il loro affetto avrebbero pero la purezza del loro amore. Ed ecco, quindi, le barriere protettive fatte di scontrosità, polemiche, dissidi.
Ma tutto ciò era soltanto una lieve increspatura di fronte a quel mare profondo e immenso che sosteneva il loro rapporto. Purtroppo, Sun-Junior e Jeune-Aurore non avevano coscienza delle intime radici che li legavano inieme a formare un'unica pianta.
La passione ormai deformava l'esatta visione della realtà, i dubbi crescevano di intensità. Vivevano in balìa di forze oscure che li costringevano ora all'attrazione reciproca ora alla repulsione.
Lo spazio-tempo che circondava i loro incontri ed i loro pensieri perse una concreta definizione ed esistenza.
I personaggi della loro immaginazione sempre più spesso interagivano mentalmente con le loro azioni concrete.
Fu così che si ritrovarono in un mondo irreale, di sogno, dove il confine tra realtà e fantasia non era più distinguibile. Principi, principesse, cavalieri, grandi personaggi della storia, dei romanzi, miti, leggende, religioni, scorrevano gli uni sugli altri apparendo e sparendo, interagendo con la realtà e dileguandosi.
La natura cominciò ad animarsi, e fiori ed alberi ed animali discorrevano tra di loro come se avessero un'anima ed un pensiero.
Un nuovo mondo, un mondo magico, attendeva Sun-Junior e Jeune-Aurore: era questo un universo dove chiunque vi entrava si ritrovava diverso, partecipe di straordinarie avventure ove il tempo e lo spazio assumevano altri connotati.
Pochi furono i temerari che ebbero il coraggio di attraversare con la forza del proprio amore la zona fantastica dell'eclisse della realtà.
Pochi furono coloro che riuscirono ad evitare di cadere in qualche tranello o inganno teso dagli oscuri abitanti di questa terrificante zona dell'immaginario.
Poche erano le speranze che Sun-Junior e Jeune-Aurore avevano di uscirne vittoriosi: potevano contare solo sulla fede nel loro amore.
D'altronde non avevano altra scelta: l'unica possibilità che avevano per restare insieme nella realtà effettiva era di attraversare questa fantomatica zona dell'immaginario.
Ma il coraggio a Sun-Junior e Jeune-Aurore non mancava.
Agguerriti, con una ingenuità propria dei bambini, si tuffarono nella zona dell'eclisse, decisi a difendersi fino alla fine il loro amore.
Il cuore di un guerriero, il cuore di un bambino.







***  Per continuare cliccare nell'indice il link alla PARTE II°  ***




----------------------------------------------------------------------

FONTE : romanzo " L'Uomo Sovrastorico " di Carlo Sarno , pubblicato con STE edizioni a Napoli nel 1989 .



Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari