martedì 25 gennaio 2022

I cristiani e la Trinità, di don Tommaso Acconcia


I CRISTIANI E LA TRINITA’
di don Tommaso Acconcia




La Chiesa è una realtà complessa, fatta di umano e di divino. Può essere paragonata a un prisma, dalle innumerevoli facce. E’ presentata, perciò, con tante immagini, che richiamano l’uno o l’altro aspetto della sua realtà: Casa della Trinità, dei figli di Dio, dell’Eucarestia, della preghiera, della Parola di Dio, della carità.
Mi piace contemplare la Comunità cristiana come la “Casa della Carità”. La parola “carità” deriva dalla parola greca: “Xaris-Xaritas”, che significa grazia, dono, benevolenza, riconoscenza, ciò che è bello, amabile ed eccita gioia, piacere. Da qui il termine “carino”. E’ sinonimo anche della parola “agape”, che significa amore.
La fede cristiana riconosce Dio come Trinità indivisibile, Carità, Amore infinito, che provoca stupore con le sue relazioni tripersonali e sempre si dona, per coinvolgere, tutto e tutti, nella bellezza e la gioia del suo vivere. Per la stessa fede, Cristo Gesù è la Carità eterna, che si è resa visibile nella storia, vivendo sempre in comunione e in comunicazione con il Padre e lo Spirito Santo, e con gli uomini, nella donazione totale di se. Dove non c’è Cristo, non c’è Carità. La Carità cristiana è accogliere Cristo in se; è porsi in perenne comunicazione con Lui, per ricevere il dono del suo Spirito, che consente di seguirLo nel suo nuovo modo di vivere. Comunica con il Cristo chi partecipa all’Eucarestia, per lasciarsi da Lui illuminare e toccare. Pregare è entrare in comunione con Lui, partecipare al suo dialogo con il Padre e lo Spirito Santo.
Accoglie il Cristo chi s’impegna a essere Sua memoria vivente, facendo presente oggi il Suo stile di vita, il Suo donarsi, senza secondi scopi; nella condivisione dei dolori e delle gioie, dei problemi materiali e spirituali degli altri; nella reciprocità, sempre pronto ad accogliere il donarsi dell’altro. Vivere è porsi in relazione con la natura e con gli altri.
La Carità è un modo nuovo di relazionarsi che nasce dalla fede viva ed operosa nel Cristo e nella Trinità. E’ un vedere nella natura e negli altri un segno della presenza di Dio, di Cristo. Nasce così il senso del rispetto, dell’accoglienza, della gratuità, della condivisione, che si oppone alla volontà di dominare e strumentalizzare gli altri.
Dove mancano tali qualità, non c’è Carità. Ci potrà essere certamente una bontà naturale, una solidarietà istintiva, che è riposta ad una emozione, provocata da una grave situazione (terremoto, alluvione, violenza, ecc.), che potrebbe spingere anche a dare la vita, che è un gesto nobile, ma non germogliato dalla carità. La Carità è tutt’altra cosa, rispetto alla solidarietà, comunque intesa. Siamo a un livello superiore di sentimenti e di azioni, a un agire costante che diventa opera.
L’uomo della carità è l’uomo con una passione viva per il Cristo e per gli altri; è l’uomo che ogni giorno sa donarsi, consegnare la sua vita, nelle sue semplici o grandi manifestazioni, per far conoscere agli altri il Cristo, nella bellezza della Sua Carità.
San Paolo ci offre un ritratto concreto dell’uomo della Carità: Colui che è paziente, è benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La Carità non finisce mai (1 Cor.13). 
La Comunità cristiana deve essere un cantiere sempre aperto, per la crescita della Carità.


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Fonte: articolo di don Tommaso Acconcia per il giornale Avvenire.

giovedì 20 gennaio 2022

Principi della Poesia, di Benedetto Croce

 

Principi della Poesia

di Benedetto Croce



Se si prende a considerare qualsiasi POESIA per determinare che cosa la faccia giudicare tale, si discernono alla prima, costanti e necessari, due elementi: 

1) un complesso di immagini; 

2) un sentimento che lo anima.

Due elementi, che per altro appaiono due nella prima e astratta analisi, ma che non si potrebbero paragonare a due fili, neppure intrecciati traloro, perchè, in effetto, il sentimento si è tutto convertito in immagini, in quel complesso d'immagini, ed è un sentimento contemplato e perciò risoluto e superato. Sicché la poesia non può dirsi né sentimento né immagine né somma dei due, ma "contemplazione del sentimento" o "intuizione lirica" o (che è lo stesso) "intuizione pura", in quanto è pura di ogni riferimento storico e critico alla realtà o irrealtà delle immagini di cui s'intesse, e coglie il puro palpito della vita nella sua idealità.

Fondamento di ogni poesia è la personalità umana, e poiché la personalità umana si compie nella moralità, fondamento di ogni poesia è la coscienza morale. L’artista... deve avere quella partecipazione al mondo del pensiero e dell’azione che gli faccia vivere, o per propria esperienza diretta o per simpatia con l'altrui, il pieno dramma umano.

L’opera d’arte come “immagine lirica” concerne il rapporto tra "intuizione" ed "espressione" e il modo del passaggio dall'una altra.


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Fonte: Benedetto Croce, AESTHETICA IN NUCE, Ed. Laterza, Bari, 1946.



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